Silvio declassato: da Cavaliere a galeotto

Il tredicesimo anno dall’inizio dei lavori giudiziari ha portato sfortuna a Silvio Berlusconi. «Altro che Cavaliere, ormai sono un galeotto…» così scherza l’ex premier. Non è ormai troppo lontano il 10 aprile, data in cui il Tribunale della sorveglianza di Milano si pronuncerà a favore di servizi sociali o arresti domiciliari.

I giudici hanno rigettato il ricorso di Silvio Berlusconi e, così, la Terza sezione penale della Corte di Cassazione conferma la sua interdizione dai pubblici uffici per due anni, accogliendo la richiesta del procuratore generale Aldo Policastro. I due anni d’interdizione costituiscono la pena accessoria collegata alla condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale, di cui, però, tre coperti da indulto. Questa decisione è stata ulteriormente facilitata dal fatto che «l’estinzione del debito tributario non è ancora avvenuta e non è stata chiesta neanche la remissione in termini», tanto più che non sussiste «l’invocata terzietà e impossibilità di adempiere».
Renato Brunetta è indignato: «Ancora una volta la giustizia italiana va in direzione opposta rispetto a quella europea. Dieci giorni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo condannava l’Italia perché applicava due sanzioni per lo stesso fatto. Oggi la Corte di Cassazione, confermando la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per due anni nei confronti di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, raddoppia la pena per un fatto già sanzionato dalla legge Severino. La storia è piena di questi casi, ci sarà pure un giudice a Strasburgo”. Dura anche Daniela Santanché: «Mi stupisco dello stupore, perché sconfessarla avrebbe significato sconfessare vent’anni d’accanimento giudiziario nei confronti di Silvio Berlusconi: un’altra prova che in questo Paese c’è qualcuno che non vuole emerga la verità». Il leader dei moderati, Giacomo Portas afferma: «Le sentenze non si discutono, ma è chiaro che avrei preferito battere Berlusconi alle elezioni». {ads1}

Un’altra notizia ha sorpreso seguaci e non di Berlusconi: il Cavaliere non è più Cavaliere, onorificenza attribuitagli nel lontano 1977 per i suoi meriti come imprenditore. Si tratta di una decisione presa da Berlusconi stesso, che ha inviato la sua autosospensione al Consiglio direttivo della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro, con l’obiettivo di salvare il salvabile in vista di questo atteso 10 aprile poiché, come egli stesso ha affermato: «qualunque cosa io faccia e qualunque cosa io dica potrà essere usata contro di me». Effettivamente, una volta condannato per frode fiscale, sarebbe comunque stato difficile mantenere il titolo poiché, l‘art. 28 del codice penale prevede che l’interdizione dai pubblici uffici comporti la perdita di ogni titolo onorifico. Quindi, in realtà, nel corso di pochi giorni sarebbe stato espulso. Questo non vuol dire che Berlusconi non continui a credere e affermare che tutto quello che sta accadendo non è altro che «una vera e propria persecuzione giudiziaria».
In molti, colleghi politici ed elettori, hanno gioito della sconfitta del Cavaliere, trafitto dalle sue stesse armi. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che il nome di Berlusconi è strettamente legato alla storia della politica del nostro Paese. Pertanto, la sconfitta del Cavaliere è la sconfitta di un popolo che sembra non essere più in grado di scegliere i propri leader.

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