Il governo Draghi ottiene la fiducia alle Camere
262 voti favorevoli al Senato, 535 alla Camera. Con questi numeri nasce definitivamente l’esecutivo Draghi e si chiude la crisi di governo, iniziata il 13 gennaio scorso con il ritiro delle ministre di Italia Viva dal governo Conte bis.
Come ci si aspettava, l’incarico a Mario Draghi ha generato un vero e proprio terremoto nel quadro politico italiano, non solo per la formazione di una maggioranza amplissima e trasversale, fino a un mese fa impensabile. Che si tratti di una situazione politicamente anomala infatti è fuor di dubbio, come è evidente che sia eccezionale il momento storico. Il Paese necessita di definire entro due mesi il piano di utilizzo del Recovery Fund e le riforme di pubblica amministrazione, giustizia e fisco che servono per attuarlo. Non è una situazione completamente inedita: ampia e trasversale fu la maggioranza che sostenne i governi del primissimo Dopoguerra, quelli della ricostruzione e del Piano Marshall. Così come lo fu (con numeri anche maggiori) quella che votò a favore del governo Monti nel 2011, in un altro momento drammatico, quello dello spread salito a 528 punti e l’Italia che rischiava il default. Maggioranze eccezionali, momenti eccezionali.
Con alcune continuità con il governo Conte non solo nei dicasteri, ma anche nella sostanza: ad esempio, nel mantenimento dell’impostazione sul Recovery Fund, di cui sarà rafforzata la dimensione strategica, avendo solo due mesi a disposizione. Il Mes che, con lo spread sceso a meno di 100 punti, non genera più fibrillazioni, come volevano Conte e il M5S. Il non formale, e a tratti anche emozionato, ringraziamento al premier uscente. Ma le continuità finiscono qui.
La novità è forte sul piano dei contenuti e dello stile comunicativo: sobrietà, concretezza e realismo politico. I 53 minuti del discorso pronunciato mercoledì al Senato (e non replicato alla Camera, novità che sa di insofferenza per un bicameralismo perfetto solo nella definizione) hanno introdotto contenuti che, a chi è abituato alla palude della mediazione a tutti i costi, appaiono quasi dirompenti. Stop alle polemiche sull’euro ed ancoraggio euroatlantico sono stoccate al sovranismo di casa nostra, peraltro già in fase discendente a livello globale. Fisco progressivo vuol dire abbandonare velleità di flat tax; forte attenzione alle generazioni future vuol dire non solo centralità della scuola, ma anche stop a quota 100, che per dare pensioni più facili oggi penalizza chi la pensione domani potrebbe non vederla mai. Sostenibilità e transizione ecologica come centro dell’azione di governo vogliono dire un mucchio di cose, dette peraltro senza urlare, senza l’ossessione del consenso a tutti i costi, e altra novità assoluta, senza affidarle ai social network. Novità nei nomi di “alto profilo” dei ministri responsabili del Piano di Ripresa e Resilienza: Transizione Ecologica, Istruzione, Università e soprattutto Economia, cui sarà affidato il coordinamento.
E poi, un vero e proprio ‘big bang’ nella galassia della politica. Un esecutivo ritenuto troppo di sinistra da destra e viceversa, un programma molto ambizioso, un orizzonte temporale molto lontano, un governo quasi senza opposizione. C’è da credere che nel Consiglio dei Ministri e nella maggioranza ci saranno ex avversari che scopriranno di avere molte più cose in comune di quanto credessero, e alleati o compagni di partito che si divideranno più del previsto. Il Movimento 5 Stelle affronta già una scissione, e così Liberi e Uguali; Renzi spera di dar vita a nuove aggregazioni centriste con Calenda, Bonino, Tabacci e magari con l’ala più europeista di Forza Italia; la Lega che affronta tensioni tra l’ala più governista di Giorgetti e quella salviniana; il Partito Democratico, alle prese con le mancate quote rosa, che già fatica a contenere richieste di congresso e che dà vita all’intergruppo PD-M5S-Leu.
Insomma, nulla sarà più come prima. Se la situazione non fosse così seria verrebbe quasi da dire che ci sarà da divertirsi; ma la sfida invece è di quelle che fanno tremare i polsi. Ora il ‘marziano’ Draghi – proprio mentre il Perseverance della Nasa atterra su Marte – dovrà passare rapidamente ai fatti. Se non ci sono dubbi che ne abbia le qualità personali, per lui la sfida vera sarà quella di mantenere unita una maggioranza variegata e potenzialmente rissosa. Il pilota-fuoriclasse dovrà guidare la scassata macchina dello Stato tra i crateri dell’emergenza sanitaria. Se non proprio una ‘mission impossible’, come ha titolato l’Espresso, ragionevolmente un miracolo. Quasi come trovare la vita su Marte.