Capri a piedi, la rivoluzione della bellezza
Tra gli scenari più famosi al mondo, Capri possiede un lato nascosto, che si può cogliere solo camminando per i suoi antichi sentieri
Si sa che il destino dei luoghi incantevoli è quello di diventare dei cliché.
Prima lo ‘scoprono’ artisti ed intellettuali; ne consegnano al mondo la fama con le loro opere, quindi arrivano i divi del cinema, gli eccentrici e i magnati che lo eleggono a dimora o a luogo di comparsate per i fan; così gli snob dicono ‘ormai non ci si può più andare, è da pacchiani’, gli alternativi lo evitano sdegnati e chi non se lo può permettere ci va in giornata, portandosi il panino da casa e andando a caccia di celebrities con cui farsi i selfie.
È una caricatura, ma è quello che è successo anche a Capri. Comencini ne rideva già nel 1949, quando Totò ne L’imperatore di Capri veniva scambiato per il Bey di Agapur, l’uomo più ricco del mondo, e come si direbbe oggi, diventava involontariamente trendy per villeggianti chic e ricche avventuriere. Mondanità, stravaganza, jet set e ostentazione da tempo presidiano i Faraglioni con yacht e barche a vela, e consumano sontuosi aperitivi la sera, quando i gitanti coi selfie-stick sono andati via, in Piazzetta – che poi si chiamerebbe Piazza Umberto I-. Uno spettacolo che, mutatis mutandis, da metà Ottocento continua ad andare in scena tutti i giorni, più o meno da Pasqua a ottobre. Covid permettendo.
Un altro modo di vedere Capri
Tutto questo non può certo mettere in secondo piano la bellezza più autentica, intensa e misteriosa che l’isola profonde da millenni, che ha stregato Ulisse, Tiberio, Axel Munthe e Peggy Guggenheim; l’isola dei pescatori, delle sirene, degli scialatielli e dei limoni grandi come meloni. Un modo diverso per riscoprirla, andando oltre le immagini più note e consumate – che restano sempre straordinarie – è quella di percorrere l’isola a piedi, lungo gli antichi sentieri tra Capri e Anacapri.
I due comuni, che oggi hanno entrambi settemila abitanti, sono profondamente diversi e sono stati a lungo rivali. Capri, dotata di due buoni approdi, Marina Grande e Marina Piccola, è comunità di pescatori, vive del mare e da sempre affronta i suoi pericoli: San Costanzo, il suo patrono, una volta scacciò i pirati saraceni con una micidiale tempesta (vennero dirottati da qualche parte in Cilento, dove non ne furono contenti) . Anacapri – in greco, “Capri di sopra” – sta su un altopiano, non ha porti, vive di agricoltura e lo testimoniano Sant’Antonio, protettore dei contadini, e la sua cucina terricola. Se dall’uno volevi raggiungere l’altro, una volta avevi solo due possibilità: o gli 881 gradini della Scala Fenicia (che in realtà era greca e collega ancora Anacapri a Marina Grande), oppure il sentiero denominato Passetiello.
Il Passetiello, connessione tra due mondi
Le guide escursionistiche lo segnalano come EE, cioè di difficoltà elevata, per l’accentuato dislivello; ma considerate che nei pressi della cima del monte Solaro, a 476 metri sul livello del mare, c’è l’eremo di Santa Maria a Cetrella, e lì ci andavano anche vecchi e bambini a pregare per le sorti dei pescatori di corallo. Quindi, a meno che non pretendiate di farlo in infradito, ce la farete anche voi. Sarete ripagati non solo dai continui e mutevoli panorami sulle due marine, su Capri, sui Faraglioni, sulla Costiera e sul Golfo di Napoli; ma arrivati all’eremo, dove già era un tempio di Venere Citerea, sarete accolti dall’anima silenziosa, misteriosa e magica dell’isola. Compton Mackenzie, scrittore scozzese, dedito all’oppio e agli eccessi, aveva scelto lo stesso posto per scrivere in pace mentre la moglie se ne stava giù a godersi la mondanità: poco oltre si può visitare Villa Solitaria, la sua casa-museo, un buon esempio delle varie Capri Revolution esistite a cavallo tra otto e novecento (quella di Karl Diefenbach, di cui parla il film di Martone del 2017, ne era una versione libertina).
Il sentiero prosegue fino ai 589 metri del Monte Solaro, il monte più alto dell’isola. Oggi è occupato da una terrazza panoramica con bar, ma al panorama di prima, qui aggiungete anche Ischia, Procida, Ponza e Ventotene, roba da far girare la testa. L’atmosfera, nonostante la seggiovia che in dodici minuti ridiscende dall’altro lato dell’isola, verso Anacapri, è mistica e rarefatta. Alberto Savinio, fratello di Giorgio De Chirico, la descrive così:
“Il sole brilla sui campi e scintilla sul mare. Gran silenzio intorno. Ma l’ora non è morta. Un vento misterioso, divino, viaggia, ospite leggero, spiritoso, per questa meridiana pace a tutta l’anima di fresca follia.”
Evitare le ore più calde, o la profezia rischia di avverarsi solo in parte.
Affacciati sul mare: il Sentiero dei Fortini
Un altro percorso escursionistico con cui andare incontro alla Capri più nascosta è il Sentiero dei Fortini. Questa volta siamo sull’altro versante, quello di Anacapri, dove c’è la Grotta Azzurra ma non ci sono approdi. I fortini in questione sono inglesi: quando i francesi di Giuseppe Napoleone cacciano i Borbone da Napoli, l’Inghilterra conquista l’isola per tenere una pistola puntata verso il golfo, una specie di Cuba di fronte all’America, insomma una spina nel fianco. E’ il 1806, ma dura poco: due anni dopo Murat si riprende l’isola mandando Lamarque a sbarcare proprio da quel lato con 60 navi da trasporto, una fregata, una corvetta e 26 cannoniere. Il colonnello Lowe è preso alla sprovvista e l’impresa militare è tale da essere rappresentata pure sull’Arco di Trionfo a Parigi. Oggi, dal faro di Punta Carena alla Grotta Azzurra il sentiero è uno spettacolare ecomuseo dove fauna, flora e storia sono raccontate da targhe in ceramica smaltata caprese. Inutile dire che tra scogliere, insenature, strapiombi e tutte le tonalità dell’azzurro e del verde, oltre che la vista su Ischia e verso il monte della Maga Circe tutto è bellezza, intensità ed emozione allo stato puro.
Oltre il glamour e la mondanità
Capri non è un pezzo di vulcano finito a mare, come Ischia: è una punta della penisola Sorrentina rimasta sola in mezzo al mare. Calcare bianco che esalta i riflessi cromatici, non tufo napoletano, il suo magnetismo non viene dalle viscere della terra ma guarda verso il cielo, o forse scaturisce dagli abissi. O forse li mette in connessione. Fatto sta che a Capri, da Tiberio che non voleva più tornare a Roma fino al Bey di Agapur, tutto è unico.
Intenso e drammatico, per i pittori romantici, oppure ‘città del dolce far niente’, come diceva Augusto; a Capri anche le lucertole sono originali (è vero: sono blu e vivono su uno solo dei tre faraglioni). Conoscerne solo il lato glamour, limitarsi a cantare Reginella da Anima e Core, fare lo struscio tra le vie dello shopping di lusso o gettare l’ancora in qualche caletta superaffollata, ecco, sarebbe proprio un peccato.
Se tornate a Capri, l’isola delle capre, ricordatevi dunque di mettere in valigia non solo le infradito ma anche delle comode scarpe da trekking. Sarete estremamente stravaganti.
Vai alla home di LineaDiretta24
Leggi articoli dello stesso autore
Tutti i diritti delle foto sono riservati a Sergio Celestino