La Grecia: oltre al mare c’è di più
La Grecia non è solo isole e clichè marinaro. E’ soprattutto Balcani, monasteri ortodossi, montagne misteriose, allevatori di montoni e di grandi condottieri
Pare che non si possa pensare alla Grecia senza evocare il mare, le isole, villaggi bianchi con le finestre azzurre, pellicani che tengono compagnia a vecchi pescatori mentre questi riparano le reti su piccoli moli, mangiando moussaka e ballando sirtaki.
Immagini da cartolina, o da video promozionale per viaggi di nozze, che colgono solo uno dei tanti aspetti della grecità: è vero che con le sue 6000 isole questa trae dal mare molto del suo immaginario. Ma ne esiste un altro aspetto, altrettanto importante quanto spesso trascurato, di Grecia in quanto paese balcanico, montanaro, selvatico e segreto. Terra di allevatori di capre, di tagliatori di boschi, di briganti vestiti di montone; di inaccessibili monasteri ortodossi, chiese bizantine, case in legno e popoli antichi e arcigni come i dori, inventori del capitello più basic, quello un po’ meno elegante e slanciato; come meno eleganti delle raffinate civiltà insulari, e un po’ tarchiati anche, dovevano essere i macedoni di Filippo, o gli epirioti di Pirro, re dell’Epiro, quello della vittoria sui Romani. Genti di terra, che consideravano il mare come un eventuale mezzo per estendere il loro potere, che comunque restava una questione di rocce, di controllo di valichi, di tratturi e di frontiere solidamente terragne.
Luoghi celebri: Epiro e Meteore
Non che manchino i luoghi celebri, nella Grecia balcanica. Approdando a Igoumenitsa, che da Bari è il passaggio nave più breve, si sale fino a Ioannina (che qualcuno traduce, ma che brutto, Giannina) e il suo lago, dove ci si imbatte nelle moschee di Aslan Pasha e di Fetiye Cami, a ricordare il passato ottomano dei Balcani. Ioannina è anche la capitale dell’Epiro, di cui sono celebri gli Zagoria, i villaggi in pietra aggrappati lungo le pendici del Pindos, nel cui centro c’è sempre un grande platano (gli orientalis, non gli hybrida del Lungotevere) a far piazza. Dell’Epiro, oltre a ricordare un re che vinceva per il rotto della cuffia, si devono segnalare anche le spettacolari Gole del Vikos, un Gran Canon à la grecque, con opportunità di hiking, trekking, rafting, ecc.
Ma le vere protagoniste della Grecia nordoccidentale (siamo già in Tessaglia) sono le Meteore, i monasteri ortodossi costruiti in cima a falesie di arenaria, patrimonio Unesco e meta del turismo di massa. Il grande pubblico le ha conosciute dopo il 1981 grazie a Agente 007 – Solo per i tuoi occhi, nei tempi in cui James Bond era fattore di unità europea e agente di marketing territoriale. I monaci però non presero bene il trambusto delle riprese, e neanche l’improvvisa notorietà: dopo aver boicottato le inquadrature appendendo panni e bidoni di lamiera fuori dalle finestre, lasciarono sdegnosamente le Meteore per trasferirsi nel più tranquillo Monte Athos. Oggi che solo sei degli originari 24 monasteri sono abitati, per visitarli si ha il problema di schivare la lunga fila di torpedoni parcheggiati in salita; e trovare la solitudine che ne generò la clausura è impossibile. Ma sono imperdibili anche così.
Sapori di terra, anzi di pietra
Chiaro che da queste parti tutto sa di terra e di roccia. Non cercate il pesce, sareste francamente inopportuni: qui si mangiano i souvlaki, arrosticini di agnello grigliati, accompagnati da tzatziki e dall’immancabile insalata greca: la feta è formaggio di latte di pecora, e peperoni, cetrioli, cipolle possono sfidare gli stenti, il freddo e l’altitudine. Una koiné alimentare che inizia qui, con più sole e più fantasia, ma che dai Balcani arriva fino in Serbia e più su nei Carpazi, in Romania. La bevanda più gettonata, invece, quella che fa tintinnare il ghiaccio nei bicchieri dei vecchi sotto le pergole di vite, è l’ice coffee, uno shake di Nescafé dove l’opzione che ti pone l’oste, quando ti siedi, è sugar? milk?; oppure -horribile visu- la birra Amstel, una lager olandese. Noi preferiamo chiedere la retsina, un vino bianco da tavola aromatizzato con la resina di pino, che non è granché e pare che nemmeno i greci moderni ormai ne vadano matti, ma sarà che è lo stesso vino che bevevano i greci antichi, a noi fa tanto Grecia (i pini della resina sono i mediorientali halepiensis, non i domestici pinus pinea, quelli di Villa Borghese).
Personaggi celebri: dominatori e ribelli
Lungo il confine nord della Grecia scorrono altre vicissitudini antiche. Dai solitari e magnifici laghi Prespa al confine con Albania correvano un tempo le rotte della prima immigrazione clandestina, quella dai paesi comunisti, ma più a est corre la frontiera con quella che i greci fino a poco tempo fa si rifiutavano di chiamare Macedonia, e pur di non farlo ricorrevano all’acronimo FYROM – Former Yugoslavian Republic of Makedonia, la Precedente Repubblica Yugoslava di Macedonia. Perché accanirsi tanto su un nome? Nomina sunt substantia rerum: nel versante greco della Macedonia, l’unica degna di chiamarsi così, c’è Pella, dove nacque Filippo il Macedone, conquistatore della Grecia e padre di Alessandro Magno, conquistatore del mondo; e a Verghìna la sua tomba. Più greci di così.
Proseguendo verso est si incontrerà il più montanaro dei culti oracolari classici, Delfi (anche i Romani ci mandarono degli interroganti, durante una pestilenza, e si fecero imprestare il bastone col serpente di Esculapio che poi si stabilì all’Isola Tiberina) con il suo spettacolare teatro fatto di montagna, fino a ritrovare il mare a Volos, dove nacque Giorgio De Chirico. Qui comincia un’altra Grecia, quella che rimase più a lungo turca: se dite ‘Salonicco’ potreste ricordare a un greco la dicitura turca ‘Selanìk’, mentre lui dice ‘Thessalonikì’, e l’argomento da quelle parti è rimasto piuttosto spinoso. La grecità marittima era infatti penetrata da millenni in tutto il mediterraneo orientale, assorbita anche dagli Ottomani finché furono un impero sovranazionale; quando questo andò in pezzi il cosmopolitismo non era più tollerato, ci furono milioni di profughi cacciati da una parte all’altra e tanti morti.
Quando c’erano “li turchi”
Quando in Grecia c’erano i turchi, le montagne del Pindos erano battute da pastori anarcoidi e piuttosto feroci, come si conviene a dei buoni briganti. Erano anti-tutto e dunque anche antiturchi, e nella retorica panellenica ottocentesca i kleftés assursero a veri e propri eroi della resistenza anti ottomana. Chissà se nelle gole del Vikos, tra monasteri abbandonati e pelli di montone stese ad asciugare, lontano dal wi-fi, dai torpedoni e dal Nescafè, ne resiste ancora qualcuno. Se così fosse, la Lonely gli chiederebbe un’intervista, noi faremmo chilometri a piedi fino alla sua grotta per andarlo a conoscere, e come noi chissà quanti altri, qualcuno ci farebbe dei baretti e allora addio mistero e addio kleftés.