Nella parte meridionale dell’America settentrionale si trova un paese che, oggi più che mai, è lo specchio di una storia fatta di ricchezza culturale, ma anche di povertà; di antichi miti; di conquiste e di sconfitte. Stiamo parlando del Messico, nazione dall’anima variegata come il suo paesaggio che comprende montagne, deserti e giungle. In questo paese c’è uno Stato che racchiude in sé le radici di antichi tumulti che hanno effetti ancora oggi: il Chiapas. La popolazione del Chiapas 24 anni fa ha indossato un passamontagna e ha iniziato una protesta contro il Trattato di Libero Commercio del Nord America; oggi quei contadini e quelle contadine indossano ancora in maniera figurata quel passamontagna e la loro lotta contro il neoliberismo si è trasformata in una società a sé.

Il Chiapas: la culla dell’esercito Zapatista  

chiapasIl Chiapas è uno stato del Messico meridionale che confina con il Guatemala. La sua selva verdissima e le sue cascate azzurre fanno da cornice all’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN), movimento armato clandestino, di stampo anticapitalista, ancora oggi attivo in questo Stato. 

L’EZLN è un movimento formato sostanzialmente da indios, discendenti di Maya, e ha l’obiettivo di affermare i diritti delle popolazioni native messicane; la sua nascita risale al 17 novembre 1983. I suoi fondatori provenivano da diversi gruppi, pacifisti e combattenti, e fecero la loro prima entrata in scena nel territorio del Chiapas nel 1994, insieme all’entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio del Nord America (North American Free Trade Agreement-NAFTA).

Questo trattato sanciva il libero scambio commerciale tra USA, Canada e Messico, ma anche la nascita di una protesta di cui si sente l’eco ancora oggi. Mentre Geroge H. W. Bush, Carlos Salinas e Brian Mulroney sedevano intorno al tavolo dove avrebbero sigillato l’accordo che decretava l’eliminazione di tutte le barriere tariffarie fra i paesi aderenti, nello stato del Chiapas iniziava la rivolta Zapatista la cui voce proveniva delle popolazioni indigene che vedevano nell’accordo un ulteriore autorizzazione allo sfruttamento delle ricchezze messicane a favore del Canada e, soprattutto, degli USA.

Gli effetti del NAFTA

Gli effetti del Trattato di Libero Commercio del Nord America sono controversi quanto la storia che lo circonda: in primis i sindacati in Canada e negli USA si opposero al NAFTA, impauriti dal fatto che i posti di lavoro venissero trasferiti in Messico, dove il costo del lavoro era minore. Anche la voce di alcuni politici canadesi urlavano a questo accordo avendo paura della possibile trasformazione di paesi come il Canada in economie a impianti-filiale permanenti. Gli agricoltori del Messico iniziarono la loro protesta,  tuttora in atto, perché i pesanti sussidi all’agricoltura a favore degli agricoltori negli USA avrebbero causato una pressione verso il basso dei prezzi agricoli messicani, obbligando molti agricoltori a lasciare la loro attività. E come nelle peggiori favole le paure diventarono realtà: ci fu un drammatico aumento dell’immigrazione illegale dal Messico agli Stati Uniti; la maggior parte dei migranti erano agricoltori costretti a lasciare le loro terre a causa di fallimenti conseguenti agli accordi commerciali che favorivano gli USA ed il Canada. Le principali conseguenze furono: l’aumento esponenziale del commercio tra gli USA e il Messico, ma anche il down  sempre maggiore delle principali esportazioni messicane di anno in anno. Molte organizzazioni denunciano anche l’impatto ambientale negativo conseguente alla stipulazione di questo accordo.

Chiapas: il limbo dell’esercito zapatista

L’evoluzione dell’esercito zapatista di liberazione nazionale è stata scandita dalle sue Dichiarazioni della Selva Lacandona ( Prima dichiarazione della Selva Lacandona); la sesta ed ultima dichiarazione recita: “Noi siamo gli zapatisti dell’EZLN, benché ci chiamino anche “neo zapatisti”. Noi, gli zapatisti dell’EZLN, ci siamo sollevati in armi nel gennaio del 1994 perché vedevamo le troppe malvagità che fanno i potenti capaci solo di umiliarci, derubarci, metterci in prigione e ammazzarci, e niente e nessuno che dice né fa nulla. […]Dunque, la nostra piccola storia è che ci stancammo dello sfruttamento dei potenti e quindi ci organizzammo per difenderci e per lottare per la giustizia. All’inizio non eravamo molti, solo qualcuno, e andavamo da un posto all’altro a parlare ed ascoltare altre persone come noi. Per molti anni abbiamo fatto questo e lo abbiamo fatto in segreto, senza chiasso. Abbiamo raccolto le nostre forze in silenzio. Abbiamo trascorso così 10 anni e poi siamo cresciuti e siamo diventati molte migliaia. Allora, ci siamo preparati bene con la politica e con le armi ed improvvisamente, mentre i ricchi stavano festeggiando l’anno nuovo, siamo piombati sulle loro città e le abbiamo occupate ed abbiamo così fatto sapere a tutti che siamo qui, che ci devono prendere in considerazione.”

Questi ideali, che sono alla base dell’esercito zapatista, mantengono salde le loro radici nel Chiapas, territorio zapatista messicano, ma anche uno degli stati più poveri del paese. Le controversie con il governo e la ferma lotta degli abitanti di questo territorio comportano una condizione di vita pessima per gli abitanti del Chiapas. La realtà più allarmante è quella dei bambini: non sanno cosa voglia dire un’infanzia spensierata, abituati sin da piccoli a partecipare alla vita lavorativa con o senza i grandi, e quindi al sostentamento della famiglia. Pochi possono permettersi di avere un’istruzione, e anche quando riescono ad andare a scuola, frequentano istituti della loro organizzazione interna e non scuole pubbliche. Questi ninos si concentrano principalmente nelle zone di grande attrazione turistica, come San Cristobal de Lascasas, qui si possono trovare bambini piccoli del tutto soli che vendono per strada piccoli oggetti di artigianato per pochi pesos. Altre attività che occupano l’infanzia della popolazione del Chiapas sono i lavori di trasporto o di costruzione.

Così il Chiapas è diventato il limbo dell’esercito zapatista e anche solo passeggiando per le vie del paese si respira l’anima ferita della sua lotta: le “calles” sono i salotti di intere famiglie che mangiano e conversano seduti per terra e la realtà in cui nascono i ninos è quella della strada. Proprio i bambini che vivono in questo Stato sono gli sconfitti di una lotta senza vincitori.

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