Bitcoin, da gennaio a oggi perso il 70% del valore
Bitcoin, da gennaio a oggi perso il 70% del valore
Se per molti investitori la criptovaluta rappresentava uno strumento alternativo ai classici mercati azionistici dalle prospettive di guadagno interessanti, stando a quanto riporta il quotidiano La Repubblica da gennaio a questa parte il trend del Bitcoin, la più famosa valuta digitale al mondo, sarebbe decisamente negativo.
Stando ai dati infatti il Bitcoin avrebbe perso in media il 70% del suo valore, scendendo dagli oltre 17.000 dollari dei primi di gennaio del 2018 ai 3.885,50 di questo inizio di dicembre. Una soglia così bassa non la si vedeva da settembre del 2017, quando ha sfiorato la soglia dei 5000 dollari di prezzo.
Ethereum svalutato dell’85%
Se il Bitcoin soffre, le altre criptovalute non stanno però meglio: infatti Ethereum, altra moneta digitale molto diffusa, ha un valore medio di riferimento che si attesta oggi attorno ai 120 dollari, con un calo giornaliero stimato in circa il 20%, mentre su base annua la sua svalutazione è pari all’85%.
Un altro segnale della crisi delle valute digitali è il calo netto a livello di capitalizzazione dell’intero settore: infatti se nel 2017 Bitcoin, Ripple e le principali criptovalute avevano realizzato un utile pari a 350 miliardi di dollari, nel 2018 questo è sceso a 125 miliardi di dollari.
Come si spiega un tale tracollo?
Le ragioni della crisi delle criptovalute può avere molte cause, a cominciare da alcune vendite massicce che hanno contraddistinto la parte centrale di questo 2018 e che quindi hanno di fatto inondato il mercato di valuta digitale, abbassandone il valore.
Gli esperti però sono concordi nel ritenere che la scissione tra il Bitcoin originale e i Bitcoin Cash, dovuta alle divergenze di opinione tra i fondatori della criptovaluta, sia stata un’altra causa di un declino che ormai è sotto gli occhi di tutti, con gli investitori spaventati e quindi più propensi a vendere il proprio portafoglio digitale prima di un definitivo default.
Inoltre negli Stati Uniti sarebbero state messe sotto la lente d’ingrandimento le cosiddette ICO, acronimo di Initial Coin Offering, cioè un controvalore in moneta digitale che viene riconosciuto dalle startup a chi investe nel settore delle criptovalute, senza alcun obbligo tipico degli strumenti finanziari classici, ma al tempo stesso esponendo il proprio capitale a rischi concreti.
Proprio per questo le ICO sarebbero state bocciate dagli organismi di vigilanza finanziaria americani, con una conseguente ripercussione sull’intero mercato delle valute digitali.
A testimonianza di questo trend negativo post-scissione, stando a quanto riporta il quotidiano InvestireOggi, vi è poi il netto decremento di capitalizzazione che Bitcoin Cash ha conosciuto nel mese di novembre: infatti da quota 11 miliardi gli utili sono scesi a quasi 4 miliardi di dollari.
Le conseguenze sul settore lavorativo
Oltre ai risvolti finanziari sugli investitori, la crisi delle criptovalute ha avuto riscontri anche nel settore lavorativo: infatti negli ultimi mesi si è registrato un decremento del 3% delle persone impiegate nel settore, il che è un ulteriore segnale di come il comparto delle valute digitali sia oramai saturo e non possa essere considerato un volano della nuova economia digitale.
Maggiori notizie sul settore criptovalute le troverete sul blog economico www.bancario.info, portale in cui sono presenti numerosi aggiornamenti di carattere economico e finanziario.
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