Brexit, si dimettono quattro ministri. A rischio il governo guidato da May
Ieri il Consiglio dei Ministri ha accolto la prima bozza dell’accordo definitivo sulla Brexit raggiunto da Theresa May con l’UE. La premier britannica intanto descrive l’intesa ottenuta con l’UE come una “manovra necessaria che difende l’interesse nazionale”. Questa scelta dovrebbe garantire l’uscita del Regno Unito dall’UE nei tempi previsti, entro il 29 marzo 2019, scongiurando in tal modo l’alternativa poco auspicabile di un “no deal” o “nessuna Brexit”.
Brexit, si dimettono quattro ministri:
A poche ore dall’intesa inizia però a sfaldarsi il governo guidato da Theresa May: si dimettono infatti il ministro per la Brexit Dominic Raab, la sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman, il ministro britannico per l’Irlanda del Nord, Shailesh Vara e infine il ministro del Lavoro Ester McVey. Le dimissioni inattese dei ministri euroscettici fanno tremare in queste ore il governo May e il futuro di tutto il Regno Unito. La più grande perdita è rappresentata dal ministro Dominic Raab, già capo negoziatore del Regno Unito nelle trattative con l’UE. Queste le sue ultime riflessioni a riguardo prima del “gran rifiuto”: «Non posso sostenere l’accordo con l’UE. La soluzione proposta per l’Irlanda del Nord rappresenta una minaccia reale per l’integrità del Regno Unito», e ancora: «Siamo una nazione orgogliosa e ci siamo ridotti ad obbedire alle regole create a tavolino da altri Paesi che hanno dimostrato di non avere a cuore i nostri migliori interessi. Il popolo del Regno Unito merita di meglio».
La ministra del Lavoro McVey invece ha rilasciato la seguente dichiarazione: «L’accordo di Theresa May non rispetta il risultato del referendum del 2016, siamo passati da una situazione per cui nessun accordo era meglio di un cattivo accordo a un’altra per cui un cattivo accordo è meglio di nessun accordo con l’UE. Io non ci sto».
Il premier francese Edouard Philippe ha manifestato le sue più profonde preoccupazioni riguardanti la ratificazione dell’intesa, sottolineando il rischio di un’uscita dall’UE con un “no deal”. Theresa May d’altro canto fa sapere che la Brexit ci sarà, escludendo categoricamente un altro Referendum. Il governo britannico non intende suicidarsi attraverso la sottoscrizione di un “no deal” perché è suo compito attuare dal punto di vista esecutivo il risultato referendario del 2016. Intanto gli unionisti nordirlandesi parlano già di “promesse violate”.
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