Djokovic completa il Golden Masters

Djokovic dà seguito al suo successo a Wimbledon, batte Federer nella finale di Cincinnati e diventa il primo giocatore ad aggiudicarsi almeno una volta ogni torneo Mille. Vittorioso a Toronto, Nadal ha saltato l’evento dell’Ohio. Halep e Bertens conquistano i Premier femminili. I soldi hanno vinto: L’ITF ha decretato la morte della Coppa Davis.

Fra due anni a Tokyo, sede del suo sponsor tecnico, Djokovic potrà andare in caccia dell’unico titolo di una certa rilevanza che manca al suo palmarès. Con il trofeo di Cincinnati ha infatti chiuso la collezione dei nove Mille, unico giocatore a riuscirci. Ha in bacheca tutti gli Slam, tanti Masters, anche la fu Coppa Davis. La sua rinascita è evidente, Wimbledon lo aveva già certificato. Non è ancora e forse non sarà mai più la macchina perfetta che era al picco della sua carriera, ma ha ritrovato l’intensità, la capacità di colpire da entrambi i lati e ora pian piano anche il servizio. Da oggi è tornato n6 ma è già 3 della Race e sembra probabile come entro la primavera prossima possa ritrovare la vetta. Per gli US Open va considerato favorito.

È stato un torneo caratterizzato dalla pioggia come nessun’altra edizione in passato. Fra mercoledì e giovedì si è giocato poco, ad un certo punto sembrava inevitabile una conclusione posticipata, invece venerdì, pur fra qualche incertezza e molti sguardi al cielo, gli organizzatori hanno recuperato il ritardo con molti giocatori, persino Federer, costretti a disputare ottavi e quarti nel corso della medesima giornata.

Reduce dalla sconfitta con Tsitsipas a Toronto, Djokovic non ha avuto un avvio di settimana positivo. In difficoltà con il servizio, ha ceduto il primo set sia a Mannarino che all’attuale mediocre versione di Dimitrov. Avrebbe potuto perdere in due set il suo quarto con Raonic, ma pur nervoso e poco ispirato, lo ha rimontato nel primo ed è uscito alla distanza. La semifinale con Cilic è stata ben giocata, specie il terzo set ha riproposto una versione di Nole di tutto rispetto.

Federer aveva saltato la trasferta in Canada; Cincinnati è stato per lui il ritorno sul circuito un mese dopo Wimbledon. Mentre il serbo faticava e perdeva molti servizi, lui stentava alla risposta. Fra il secondo della sua partita con Mayer e il primo della sua semifinale con Goffin, Roger ha giocato 5 set fra cui 4 tie break. Al solito ha avuto tante occasioni, palle break e come spesso gli accade ha dato il peggio proprio in quei momenti. Aggrappato alla battuta, ha però dilagato al terzo con Wawrinka e profittato dei problemi alla spalla di Goffin, che si è ritirato all’inizio del secondo.

La finale ha ricalcato, nell’andamento del gioco, quelle del periodo 2014-15, quando Djokovic dominava il tennis e Federer era il suo contendente elegante ma sempre perdente. Due gravi errori dello svizzero nel settimo game, un doppio fallo e una stecca di dritto, gli sono costati il break, il primo subito a Cincinnati dal 2014 e una sua parola poco signorile anche un inusuale warning. Perfetto per un set, Nole ha regalato con due gravi errori il break in avvio di secondo parziale, ma Federer è stato incapace di staccarsi, concedendo a sua volta con ennesimi gratuiti il contro break. Anche stavolta è stato il settimo game a decidere. È stato il più lungo della partita, Roger è salito 40-0, non ha sfruttato 5 palle del 4-3 ed è stato infine passato da un dritto del suo avversario. Pochi brividi da lì in avanti per Nole, che ha chiuso 6-4 6-4. Una classica sfida del tennis che però non si disputava da due anni e mezzo, tra assenze vuoi dell’uno vuoi dell’altro. Federer ha tentato di accorciare gli scambi ma è stato disastroso in risposta e fallosissimo da fondo (20 gratuiti di dritto, 15 di rovescio). Assai più lineare, Djokovic ha sbagliato poco e dominato il confronto con la seconda palla (78% di resa contro 47%, differenza abnorme).

Toronto e Cincinnati hanno inaugurato l’era dello shot clock, che limita a 25” i tempi di preparazione al servizio. Storici nemici dell’orologio, Nadal e Djokovic si sono lamentati, ma hanno poi vinto i due tornei, a dimostrazione di come la classe vada oltre il ticchettare dei secondi.

Rafa ha conquistato il suo quarto Open del Canada preferendo poi saltare Cincinnati in vista degli US Open. Campione in carica, pare il maggiore favorito con Nole e sarà molto interessante vedere dove verrà collocato il serbo in sede di sorteggio. Zverev ha deluso ancora e negli Slam stecca sempre ma non si può togliere dal pronostico e va considerato anche Del Potro, che in Ohio ha ceduto in quarti a Goffin e alla stanchezza. Fra più pericolosi sarà anche Cilic, mentre Anderson proverà a ripetersi. Si sta ritrovando Raonic e soprattutto Wawrinka, che in Canada ha perso da Nadal una partita lottata in due set che avrebbe potuto vincere e a Cincinnati ha giocato due frazioni alla pari in quarti con Federer prima di calare. Sarà una mina vagante insidiosa per tutti.

Tsitsipas sta venendo fuori. Il suo Mille di Toronto è stato entusiasmante, con le vittorie su Djokovic, Zverev e Anderson e la finale raggiunta. Il greco esalta per il bel tennis classico e il repertorio completo ed è già entrato nei top 15. In difficoltà da sophmore year invece Shapovalov, ottavi in entrambi i Mille. Un tantino meno brillante, sta tentando di dare solidità al suo gioco per compiere il salto di qualità atteso.

La Halep ha sfiorato la doppietta Montreal-Cincinnati. Vittoriosa in Canada, ha avuto match point nella tie break del secondo set della finale in Ohio, ma ha poi dovuto cedere strada alla Bertens. Liberata a Parigi dal tabù Slam e ormai solida numero 1, Simona è il nome più spendibile in vista degli US Open. Benino Kvitova, che ha eliminato Serena fermandosi solo in semifinale. Preoccupano la salute della Wozniacki e la condizione della Muguruza, mentre Stephens tenterà una storica doppietta.

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Ciò che avevamo temuto si è verificato. Le federazioni hanno votato la riforma della Coppa Davis, che dopo 118 anni scompare, almeno nel formato che abbiamo conosciuto e amato. Occorrevano i due terzi dei voti, è arrivato un 71% che trasforma la competizione a squadre in una mega esibizione da disputarsi a fine anno. Niente più cinque set, niente fattore campo, niente emozione, niente tradizione. Il quorum è stato raggiunto grazie ai soldi che pioveranno dalle sponsorizzazioni e una serie di promesse di aiuti alle varie federazioni per spingerle a votare sì. La giocheranno i migliori, a fine stagione dopo il Masters? Forse sì, forse no, ma ha ragione Bertolucci: chiamatela come volete, ma non più Coppa Davis.

Twitter: @MicheleSarno76

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