Ivrea diventa Patrimonio Unesco, la città ideale di Olivetti è il 54esimo sito italiano
La città industriale di Ivrea, in cui nacque e si sviluppò la Olivetti, è entrata a far parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. “Un riconoscimento che va a una concezione umanistica del lavoro propria di Adriano Olivetti, nata e sviluppata dal movimento Comunità e qui pienamente portata a compimento, in cui il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori è considerato parte integrante del processo produttivo”. Con queste parole il Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, ha salutato il riconoscimento di Ivrea, la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento, come 54esimo sito italiano nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Una decisione presa durante i lavori del 42° Comitato del Patrimonio Mondiale che si sta svolgendo a Manama in Bahrein dal 24 giugno al 4 luglio.
Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città industriale di Ivrea rappresenta un progetto industriale e socio-culturale tipo del XX secolo, “un esempio distintivo della sperimentazione di idee sociali e architettoniche sui processi industriali e un’esperienza innovativa di produzione industriale di livello mondiale che guarda in special modo al benessere delle comunità locali” come esprime la nota del ministro. La maggior parte dello sviluppo di Ivrea avvenne nel periodo degli anni ’30 e ’60 sotto la direzione di Adriano Olivetti, periodo in cui l’azienda Olivetti produceva macchine da scrivere, calcolatrici meccaniche e computer, con edifici urbani progettati da alcuni dei più noti architetti e urbanisti italiani di quel periodo e quando l’azienda vantava tra i suoi collaboratori i maggiori umanisti e intellettuali dell’epoca. Il sogno di Adriano Olivetti era fare di Ivrea la capitale della cultura industriale italiana: un progetto in cui far confluire cristianità e umanesimo, le scienze sociali e l’arte, la tecnologia e la bellezza. I suoi designer hanno inventato oggetti tra i più belli del Novecento, come la mitica Lettera 22, la macchina da scrivere di Montanelli ed oggi esposta al MoMa di New York, o la calcolatrice “Divisumma”, una diavoleria mai vista in un ufficio prima di allora. L’azienda va alla grande e sembra voler traghettare l’Italia nella corsa alla modernità, ma Adriano muore all’improvviso il 27 febbraio 1960, su un treno diretto a Losanna, in Svizzera, dove sta andando a chiedere prestiti per nuovi investimenti. Non ha ancora 58 anni, è in ottima salute. Si parla di emorragia cerebrale, ma l’autopsia non verrà mai effettuata. Finisce così il sogno di un intero paese e di un’azienda tra le più illuminate che l’Italia abbia mai conosciuto
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