E’ morto Philip Roth, gigante della letteratura contemporanea

Addio allo scrittore più influente e complesso della letteratura contemporanea
Fu autore di opere come «Lamento di Portnoy» e «Pastorale americana»

ecdb8710-5e43-11e8-bc7e-7258419bb68e_2018-05-23t042149z_986653757_rc167b2cbe80_rtrmadp_3_people-philiproth-kwle-u11101020346893gqf-1024x576lastampa-itE’ morto lo scrittore Philip Roth, gigante della letteratura contemporanea, americana e mondiale. Aveva 85 anni ed è deceduto durante la notte a causa di insufficienza cardiaca. La notizia è stata data dal New Yorker e confermata anche dal suo agente letterario, Andrew Wylie. L’autore di ‘Pastorale Americana’ – per cui vinse il Premio Pulitzer nel 1997 – e di ‘Lamento di Portnoy’ è morto in un ospedale di Manhattan.

Philip Roth è stato candidato quasi ogni anno al Premio Nobel, a furor di popolo senza mai ottenerlo. La sua una produzione organica e sterminata di oltre 30 romanzi pubblicati in Italia da Einaudi e raccolti in tre Meridiani.

Nasce a Newark, nel New Jersey, il 19 marzo del 1933, da una famiglia della piccola borghesia ebraica, i suoi primi racconti erano stati pubblicati, mentre insegnava a Chicago e in seguito all’Università della Pennsylvania, dalla Paris Review, su Esquire e sul New Yorkere; appena ventiseienne, pubblica Addio, Columbus, storia d’amore tra due ventenni che serve da canovaccio per riflettere su quelli che saranno i suoi temi classici: il sesso, l’amore, la religione, le ipocrisie che costituiscono lo zoccolo duro della società americana. Dal 1979 con Lo scrittore fantasma affida le sue ossessioni al suo alter-ego letterario più celebre, lo scrittore Nathan Zuckerman, l’ esploratore dell’«egosfera» che invecchierà con lui, acquistando in lucidità e visione.

imagesNel 2010 dopo aver smesso di scrivere, Roth si divideva tra il villino nella campagna del Connecticu e l’Upper West Side di New York. Convinto che qualunque altro suo libro non sarebbe mai stato abbastanza buono come i precedenti, diede disposizione che i suoi archivi venissero distrutti A ottantaquattro anni, smettere diventa un modo di vivere. “Delle cose che non ho più, faccio a meno», dichiarò in una delle sue ultime interviste.

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