Trincea mediatica contro il nuovo Governo
La lotta è cominciata, più veemente che mai. Se il periodo successivo al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 aveva conferito all’Italia una sorta di stasi mediatica, una calma piatta al di là di ogni sospetto (la crisi c’è ma non si sente; la crisi c’è ma non se ne riconoscono i responsabili; la crisi non passa e non se ne conosce il motivo), quello successivo al voto del 4 marzo scorso vive di cataclismi e pericolose ridondanze.
Cerchiamo di chiarirci fin da subito. Televisioni, radio e giornali stanno smettendo le vesti dei cacciatori di fascisti (in assenza di fascismo), dei segugi di razzisti e dei paladini anti-fake news, per indossare l’abito cucito loro su misura dai propri padroni: quello di anti-italiani.
Nelle ultime ore la nascente coalizione di Governo di marca Movimento 5 Stelle/Lega ha subito ingiuriosi attacchi da parte del sistema d’informazione italiano, tutto riunito e compatto sotto l’egida del PUDE, il Partito Unico dell’Euro. Il termine sovranismo spaventa, evoca fallimentari esperienze novecentesche, dittature liberticide, leggi razziali: questo messaggio deviato giunge indisturbato alla coscienza dei più grazie a un apparato mediatico abile a celare il vero significato del termine sovranismo (vocabolo affatto amato da chi scrive: trattasi di un’etichetta fabbricata ad arte dai padroni stessi proprio per conferire un’immagine infamante a chi, sic et simpliciter, chiede l’applicazione della propria Carta Costituzionale): la sovranità appartiene al popolo. Punto.
Lunedì 14 maggio, durante la trasmissione Agorà in onda su Raitre, Gianni Riotta (lo stesso che in un recente passato fu nominato dalla Commissione Europea tra i saggi scelti per contrastare le fake news) ha aperto le danze con una figura barbina probabilmente senza eguali: interrompendo l’intervento di Antonio Maria Rinaldi, il povero Riotta si lancia in una fantasiosa interpretazione, se così la vogliamo definire, della nostra Carta Costituzionale, arrivando a rantolare che la nostra Costituzione non sancirebbe in alcun punto l’appartenenza della sovranità al popolo. Follie mattutine.
E che dire invece dell’intervento durante la trasmissione otto e mezzo (puntata del 16 maggio) dell’opinionista Beppe Severgnini, capace di paragonare l’Italia a Paesi che sarebbero già usciti dall’Euro in passato?
https://www.youtube.com/watch?v=wX7s3wwAi1A
Un Paese serio con certa gente non lo saremo mai.
Passando ai giornali il discorso non cambia. Tutti, nessuno escluso, sono apertamente schierati contro il nuovo Governo (se mai ci sarà). Ogni giorno un nuovo termine salta all’occhio del lettore: populismo, sovranismo, nazionalismo, razzismo, fascismo, spread, clausole di salvaguardia, governabilità, responsabilità sono solo alcuni dei vocaboli sfruttati dagli strenui difensori dello status quo (benevolo nei confronti dei mercati ma assai ostili nei confronti del Popolo sovrano). Nessun organo di stampa ha il coraggio, l’ardore di riportare alla memoria degli italiani tutte le sofferenze patite per mano del vincolo esterno, ormai capace di determinare in toto la politica monetaria, fiscale, bancaria ed economica del nostro Paese. La sensazione è che questo accanimento senza precedenti nella storia repubblicana italiana celi il probabile avvento di una nuova stagione politica: dal ’92 a oggi i nostri Governi hanno seguito tutti i diktat di Bruxelles senza opporre resistenza alcuna, spingendosi talvolta ad applicarli addirittura con eccesso di zelo (vedi la vicenda Bolkestein). Ora il “rischio” è un’inversione di tendenza, il futuro Governo Lega-Cinque Stelle sta apertamente annunciando una dura battaglia nei confronti di Bruxelles.
Un dato è certo: la disinformazione veicolata dai grandi media (da Fubini che sul Corriere paragona l’Italia all’Argentina a Padoan che riconduce una lieve perdita del titolo MPS ad alcune dichiarazioni di Claudio Borghi, passando per gli esempi di cui sopra) sta vivendo la fase più intensa degli ultimi anni: si tratta degli spasmi finali. Il solo fatto che dopo anni di campagna elettorale e dibattiti dedicati esclusivamente a questioni risibili (dal ritorno dei fascismi all’ondata razzista, passando per le quote rosa) se confrontate con temi sociali come la disoccupazione o la povertà, si stia finalmente dedicando ampio spazio al contrasto tra Italia e Unione Europea è un ottimo segnale: un segnale precursore di un futuro confronto, serio e senza filtri apposti dal potere finanziario (proprietario dei media), circa l’evidente contrasto tra la nostra Costituzione, improntata su un’economia mista dove lo Stato è portato a intervenire attivamente nella sistema economico in periodi di recessione, e i trattati Europei, dove la stabilità dei prezzi e vincoli finanziari mirati a tenere in piedi l’euro la fanno da padrone.
Un dibattito dal quale, si spera, scompariranno gli attuali protagonisti della scena mediatica.
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