Giuramenti: corpi, poesia e riti ancestrali si fondono al Teatro Vascello
“Che cosa è, io chiedo, questo sentire. Perché, all’improvviso, per un pugno di intense parole o per un risuonare di note o per una faccia, quella faccia o anche se guardo da solo il mare”. Comincia con questi inquieti versi il primo dei dodici brevi monologhi scritti dalla poetessa e drammaturga Mariangela Gualtieri, uno per ciascun attore e “dettati ognuno dalla faccia che stava lì ad aspettarli”. Versi poetici recitati da giovani attori che sono anche corpi danzanti “fortemente dotati di espressività nella voce, nel movimento e nella stasi” e che vanno a comporre i pezzi di Giuramenti, evento-spettacolo carico di ritualità, portato in scena al Teatro Vascello fino al prossimo 25 marzo dalla storica Compagnia Valdoca, nata agli inizi degli anni Ottanta dal sodalizio tra la Gualtieri e il regista Cesare Ronconi.
Lo spettacolo ha inizio mentre gli spettatori stanno ancora prendendo posto in sala e già da subito si percepisce la dimensione fortemente sacrale del cerimoniale a cui da lì a poco si assisterà: il gruppo di attori è seduto in cerchio intonando versi e canti rituali di diverse lingue e culture (esistenti o no?) come fossero una tribù che, attraverso la voce, la danza e il canto, prega e invoca le forze della natura. Un Coro che, esattamente come nella tragedia arcaica rappresenta un personaggio collettivo che partecipa alla vicenda tanto quanto gli altri attori, riportando direttamente all’origine stessa del teatro, quando a partire da canti epici e lirici accompagnati da riti e danze dionisiache, nell’Antica Grecia si andavano strutturando la tragedia e il dramma satiresco. In Giuramenti proprio al Coro è affidato l’arduo compito di “gridare in faccia al mondo l’inquietudine, l’amore, l’ardore, la follia o sussurrare una sapienza enigmatica”. Da esso si staccano via via i singoli interpreti per recitare i loro intensi monologhi fatti di vita, di morte, di rivolta, di animalità, di mistero e di creazione. Soliloqui che si fondono ai suoni, anch’essi dagli echi ancestrali, al trucco che ricorda le maschere del teatro greco e alle liriche pressoché onnipresenti.
Corpi incredibilmente armoniosi e ritmici diventano tutt’uno con il verbo che proferiscono, esaltando la potenza delle parole, la loro sacralità e il loro essere solenni e austere proprio come nel momento del giuramento, quando la lingua si fa grave e formale per dare fermezza alla promessa. Uno spettacolo che ha il sapore dell’happening artistico, in perfetta linea con la cifra poetica e stilistica del Teatro Valdoca che sin dagli inizi della sua ricerca sperimentale rinuncia alla narrazione, ai temi sociali, all’attualità, alla cronaca in favore di una più ambiziosa riflessione sull’esistenza stessa, sulla potenza e sacralità del verbo, sull’essenza del teatro e sulla profonda connessione tra uomo, cosmo e natura.
Torna alla HomePage di LineaDiretta24