Il gioco d’azzardo verrà sconfitto dalla nuova legge del Lazio?

Possibile che lo Stato italiano non si renda conto delle cifre esorbitanti, delle inquietanti conseguenze sociali e, uscendo un attimo dalla sfera sensibile per introdursi in quella venale, della poca convenienza economica che il gioco d’azzardo apporta alle sue tasche? Lo Stato è semplicemente distratto o anche complice di tutto ciò?

Quello che quindi l’Italia apparentemente non coglie o, più sfacciatamente, vuole assolutamente sorvolare, è stato invece ben focalizzato dalle realtà locali della nostra penisola: quelle che poi rappresentano lo Stato “abbordabile” per ognuno di noi e quelle che hanno preso una chiara posizione nei confronti del problema della ludopatia. E di questo si è parlato nella sede della Regione Lazio in virtù della presentazione della nuova legge regionale 5/2013, sul contrasto al gioco d’azzardo patologico. La locandina che pubblicizzava l’evento utilizzava appunto il termine ludopatia: Istituzioni e cittadini contro la ludopatia. <<Per marcare la differenza tra il gioco d’azzardo e tutto il resto delle attività ricreative, sarebbe giusto togliere la parola ludopatia. Non ci si ammala di gioco: questo serve alla vita, alla crescita, agli stimoli e sarebbe bene liberare questa bella parola dal nefasto termine azzardo>> queste sono state le parole di introduzione alla sensibilizzazione locale, e nazionale, sulla malattia del gioco, anzi dell’azzardo, pronunciate da Don Armando Zappolini, portavoce nazionale della campagna “Mettiamoci in gioco”. E sono proprio le campagne, le associazioni, le reti delle comunità, assieme ai sindacati e alle varie associazioni di consumatori, le gambe della nuova legge votata all’unanimità dalla maggioranza e dall’opposizione del Consiglio Regionale del Lazio. Il primo intervento della Giunta Zingaretti, dopo l’approvazione della legge, è stato quello di stanziare 1 milione di euro per l’apertura di 51 sportelli no slot: uno per ogni distretto dei 15 municipi di Roma e uno per tutti i restanti 36 distretti della regione. Quest’iniziativa è la prima in Italia e ha la funzione di informare, sensibilizzare e orientare le persone, affette dalla patologia del gioco d’azzardo, attraverso interventi di animazione sociale e culturale, operati da personale preventivamente formato e supervisionato dall’Assessorato delle politiche sociali. <<Una legge questa che definisce minimamente i parametri per la collocazione delle sale da gioco, che devono essere lontane da punti sensibili come scuole e centri anziani, che riduce, se non elimina, pubblicità e manipolazione semantica all’interno dei bar o dei punti vendita di lotterie o dove siano presenti macchine da gioco e che, per la prima volta, introduce un piano socio sanitario integrato di 550 mila euro l’anno per tre anni>> ha spiegato Olimpia Tarza, Vice Presidente della Commissione Cultura del Consiglio regionale del Lazio e prima firmataria del testo.

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C’è da cambiare una cultura che da 17 anni rappresenta la nostra realtà, ovvero quella del vincere facile, dell’affidare tutto alla fortuna e che dal 2008, anno di inizio crisi, purtroppo si è acuita. La precarietà nel lavoro, la generale insicurezza, non hanno fatto altro che aumentare la propensione al gioco, cominciato a considerarsi come un mezzo semplice ed economico per fare soldi ma che, in realtà, punta proprio alla debolezza per insidiarsi nella vita altrui, provocando poi, molto spesso, situazioni di non ritorno. Lo Stato, di fronte a tutto questo, tace: il gioco è poco tassato ma, a sua volta, provoca forti spese per curare i disagi che lui stesso crea. Il suo business è così debole e poco controllato che non tarda a essere contaminato dalle lobbies, dalle mafie, le quali poi riescono a guadagnarsi il benestare dello Stato e a creare un mercato, potente ma nero, che arricchisce solo pochi e, allo stesso tempo danneggia molti. <<E’ necessaria dunque una rivoluzione culturale che parta dal basso, che rimetta in gioco nuovi protagonismi rappresentati da noi, dalla società, dalla gente comune. Come? Ponendo una cabina di regia che sappia mettere insieme le varie realtà, che pubblicizzi i vari attori della nuova legge, cercando quindi di non ragionare per compartimenti stagno, volti invece a dividere i vari rami di intervento. Bisogna connettersi, integrarsi, esistere insieme>> ha concluso Carlo de Angelis, della Campagna regionale “Mettiamoci in gioco”.

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