Giochi Pyeongchang: tre giorni di gare, un bronzo
Pyeongchang – Dopo i primi tre giorni di gare dei giochi olimpici invernali di Pyeongchang possiamo iniziare a tirare le somme, pur senza por limite alla provvidenza, sui risultati della spedizione italiana. Finora abbiamo raccolto la miseria di una medaglia di bronzo, nello sprint del biathlon, grazie a un grande Dominik Windisch e con questo siamo entrati nel medagliere in sedicesima e ultima posizione insieme al Kazakistan.
Ricordiamo a chi avesse la memoria corta che l’Italia, a partire dalla seconda guerra mondiale, ha sempre avuto un posto di primo piano nel medagliere finale finendo quasi sempre intorno alla decima posizione. Se a Oslo nel 1952 ci piazzammo addirittura sesti insieme al Canada, l’esplosione dell’Italia ai giochi invernali si ebbe nell’edizione tenutasi a Grenoble nel 1968 quando finimmo quarti: un risultato strepitoso. Dopo varie edizioni in cui rimanemmo sempre intorno alla decima piazza, col finire del millennio, l’Italia sembrava essere diventata una delle potenze degli sport invernali: ai giochi di Albertville del 1992 finimmo sesti nel medagliere e a quelli successivi di Lillehammer di nuovo in quarta posizione. A Salt Lake City nel 2002 l’Italia si piazzò settima e a Torino 2006 ce la cavammo finendo noni. Poi il triste declino.
Pyeongchang – La tragedia sportiva inizia nel 2010 in Canada. A Vancouver fu Giuliano Razzoli a salvare capra e cavoli prendendo un oro eroico di cui avevamo bisogno come il pane: nell’ultima gara disponibile, con tutto il peso dell’Italia sciistica sulle spalle, Razzoli, che era in testa dopo la prima manche dello slalom, non tremò e ci regalò una grande soddisfazione. L’impresa di Razzoli servì però solo a limitare i danni e alla fine ci piazzammo appena sedicesimi nel medagliere: la peggiore performance dello sport italiano alle olimpiadi invernali del dopoguerra.
Quattro anni fa a Sochi sarebbe dovuto andare in scena il riscatto azzurro, invece, complice pure un po’ di sfortuna, fu una Caporetto senza precedenti: nemmeno un oro e il medagliere ci vide finire i giochi del 2014 in ventiduesima posizione, una nazione di serie B, a essere gentili. La colpa di questi insuccessi non è degli atleti ma di chi governa il mondo dello sport italico. Quattro anni fa, dopo che a Sochi riuscimmo a peggiorare il disastro di Vancouver del 2010, il presidente del CONI, Giovanni Malagò, intervistato da Fabio Fazio sulla RAI disse che uno dei momenti più alti dell’anno sportivo era stato il bronzo della Fontana a Sochi: contento lui…
Pyeongchang – Ora però siamo a Pyeongchang e le cose non stanno andando bene per niente. Certo il fatto che la discesa libera maschile e il gigante femminile, gare in cui un podio italiano è altamente probabile, siano stati posticipati a causa del vento potrebbe aver influito sul nostro misero medagliere. Forse, ma le gare si recupereranno nei prossimi giorni e vedremo cosa succederà. Ricordiamo che possibilità di portare a casa medaglie ne abbiamo, questo sì. Nello snowboard cross abbiamo atleti considerati favoriti, soprattutto la Moioli, così in alcune gare di biathlon, nello short track, e nello sci alpino, sport nel quale se ci dice bene possiamo fare grandissime cose. Insomma tocca incrociare le dita e fare il tifo per gli azzurri che ci mettono il cuore e la faccia, mentre i dirigenti dello sport patrio, loro sono sempre contenti, guardano sempre “il lato positivo delle cose”, e pur di fronte a fallimenti quasi totali si tengono stretti alle loro poltrone.
Questa notte a partire dall’una si assegnano medaglie in sette diversi sport: la combinata maschile dello sci alpino, le gare sprint dello sci di fondo in tecnica classica sia maschile che femminile, lo slittino femminile, la finale del doppio misto del curling, i 500 metri donne dello short track, i 1500 maschili del pattinaggio di velocità e l’halfpipe femminile dello snowboard.