Lo strano caso del Paese dove, per raccontare la Camorra, devi pagare il pizzo alla Camorra
PIZZO PER GOMORRA – L’Italia è un Paese dove non ci si riesce più a stupire di nulla. Qualsiasi follia, anche quella che sembra uscita dalla penna di uno scrittore, come per magia, da noi diventa realtà. Ci troviamo così a commentare la condanna inflitta dal giudice monocratico di Torre Annunziata, Gabriella Ambrosino, nei confronti di Gennaro Aquino, location manager per conto di Cattleya. L’accusa è tanto semplice quanto paradossale, la produzione, in cerca delle giuste location per raccontare il mondo della malavita, ha dovuto letteralmente versare il pizzo per Gomorra. Una busta con 6.000 euro in contanti, destinata direttamente al boss Francesco Gallo, detto ‘o pisiello, che, dal carcere in cui sta scontando la sua pena, ha preteso il pagamento della cifra per permettere alla produzione di usare la sua villa come scenario per le vicende della famiglia Savastano. Villa, va detto, che all’epoca dei fatti era già stata sequestrata dal gip e affidata a un amministratore giudiziario.
PIZZO PER GOMORRA: I RETROSCENA – Lo stesso Aquino, come ricostruito dal Mattino, ha dichiarato che: “Uno della produzione mi portò una busta chiusa con all’interno 5mila euro. Erano soldi della produzione, che io portai a zì Filuccio“, rincarando la dose e insistendo che: “Tutti sapevano“. “Non so chi mise i soldi in quella busta. Però Raffaele Gallo aveva minacciato di non farci entrare più in casa a girare, io avevo paura perché gli avevo dato la “mano di parola” e in certi ambienti è pericoloso non rispettare gli accordi”. Secondo l’imputato, condannato a sei mesi di reclusione (con sospensione della pena) per favoreggiamento personale: “Ricordo anche che mancavano mille euro, così li prelevai dal mio conto e glieli consegnai. Poi Cattleya me li ha rimborsati. Fin dal primo momento tutti in Cattleya sapevano che i Gallo non erano persone proprio pulite, anche Gianluca Arcopinto, ma decisero che la villa bunkerata con quegli strani interni era quella giusta e vollero girare lì anche dopo il sequestro della casa”. L’altro imputato, lo stesso Arcopinto, è stato invece assolto da tutte le accuse. Sulla vicenda è intervenuto anche Riccardo Tozzi il manager della casa di produzione, che si è difeso così: “Gli unici soldi dati per girare delle scene in una villa di Torre Annunziata sono quelli dati, ovviamente in chiaro, all’amministratore giudiziario, il titolare della custodia del locale”.
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