Attentato a Bengasi, non c’è pace per la Libia
attentato a Bengasi
È di almeno 25 morti e 52 feriti il bilancio (provvisorio) del duplice attentato a Bengasi, seconda città della Libia, nella parte orientale del paese. Tra le vittime ci sono esponenti dei vertici della sicurezza libica. L’attacco è avvenuto nei pressi della moschea Bait Radwan, nel momento in cui i fedeli stavano rientrando a casa dopo la preghiera della sera. Due bombe posizionate all’interno di due automobili sono esplose a distanza di mezz’ora l’una dall’altra, secondo i media libici. La seconda detonazione è avvenuta dopo che civili e medici si erano radunati a breve distanza dalla moschea, per fare più vittime possibili tra coloro che sono accorsi a prestare aiuto. Il probabile obiettivo si ritiene fosse il direttore del controspionaggio dell’intelligence libica Mahdi Falah. Il generale è rimasto ferito nell’attacco.
L’attentato è la conseguenza del caos in cui è sprofondata la Libia dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi nel 2011. Dal 2014 il paese è diviso a metà e guidato da due governi e parlamenti rivali stanziati rispettivamente nella parte occidentale e orientale del paese e ciascuno supportato da differente milizie. Bengasi è uno dei punti più caldi, teatro di un conflitto che dura da più di tre anni. La città, capoluogo della regione orientale della Cirenaica, è la roccaforte del governo guidato dal generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico. Haftar controlla la parte est della Libia, mentre ad ovest Fayez Sarraj guida il governo di Unità Nazionale supportato dalle Nazioni Unite. Pur contando sull’appoggio di buona parte della comunità internazionale, Sarraj non è riuscito ad estendere la sua area d’influenza. Proprio a Bengasi si scontrano da tempo le forze leali ad Haftar e gli integralisti islamici.
Come ha fatto la Libia a ritrovarsi impantanata in questa situazione? Dopo la morte di Gaddafi, il paese, già spaccato tra i suoi avversari e sostenitori, si è ulteriormente parcellizzato in decine di gruppi diversi per base religiosa, geografica e tribale. Di conseguenza, per il governo di transizione è stato impossibile estendere la propria influenza su tutta la regione. Nel 2012 il Congresso Nazionale Generale si è insediato a Tripoli, rifiutando di riconoscere l’elezione del Parlamento avvenuta due anni dopo, nel 2014. A causa di questa situazione di instabilità sono morte 5 mila persone, mezzo milione di libici hanno lasciato le proprie case per cercare rifugio in Europa e l’economia è al collasso. Quello di Bengasi è uno dei più sanguinosi attacchi avvenuti in Libia dopo la rivoluzione del 2011 e il caos che ne è conseguito. Ma gli sforzi diplomatici per trovare una soluzione, finora, non hanno prodotto nessun risultato.
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