Arbitri pazzi, vendicativi, pignoli o alle volte solo ubriachi
Arbitri. I meno amati dal pubblico del calcio. Ma indispensabili, anche con la Var. Anzi capita pure che ci litighino con la Var. L’arbitro nel marasma generale, tra calciatori che urlano e simulano, allenatori che protestano, tifosi che insultano, è l’unico che deve sempre sembrare imperturbabile, quello serio, quello distaccato.
Ci sono arbitri rimasti nel mito, Lo Bello, Collina. Arbitri rimasti mito per quanto hanno arbitrato male, come per noi italiani il Famigerato Byron Moreno al quale però il destino ha riservato un trattamento niente male. Infatti l’arbitro che ci costò il mondiale di Corea con assurde decisioni finì poi in carcere per aver cercato di sviluppare un import export di eroina con gli Stati Uniti. Risulta essere tuttora in carcere. Ma a parte questioni giudiziarie, fermandosi al rettangolo di gioco, l’arbitro è l’autorità, quello che non si deve far coinvolgere, quello freddo e super partes. Le sue emozioni non debbono trasparire, deve essere freddo come il ghiaccio. E pure anche agli arbitri succede che, nel loro piccolo, si incazzano. Ne sa qualcosa Diego Carlos, giocatore del Nantes allenato dal nostro Claudio Ranieri. Nella partita contro il Paris St. Germain infatti l’arbitro, Tony Chapron, è stato l’assoluto protagonista. Più dell’autore del goal di Di Maria. Perché verrà ricordata sopratutto per quel che ha fatto lui, l’arbitro. Nel finale di partita mentre Mbappe stava andando a grandi falcate verso l’area del Nantes, Diego Carlos, difensore del Nantes, stava rientrando in difesa di corsa e ha avuto la sventura di incrociare la sua corsa con quella dell’arbitro che, colpito involontariamente da Carlos, è finito a terra. Cose che possono capitare ai migliori arbitri direte voi. E invece no. Perdendo tutto il proverbiale aplomb tipico degli arbitri Chapron si è arrabbiato e ha fatto quello che viene definito dal regolamento un “fallo di reazione”. Cioè appena finito a terra ha cercato di mollare un calcio al povero Carlos. Non avendolo preso bene come lui desiderava si è rialzato ancora assetato di vendetta e, non potendo prenderlo a testate in faccia come ha fatto Spada, ha optato per il cartellino giallo all’allibito giocatore con conseguente espulsione. Chapron aveva già tolto un goal regolare al Nantes, ma quello fa parte dei tipici errori che gli arbitri fanno. Un comportamento violento dell’arbitro e poi l’assurda espulsione però no, è troppo! Infatti la Federazione non ha potuto fare a meno di sospenderlo. Lui si è difeso a caldo dicendo che non voleva colpirlo, che è scivolato e che comunque il regolamento dice che l’ammonizione era giusta. Resosi probabilmente conto che ambedue le affermazioni erano delle fandonie improponibili ha allora detto che è stato un gesto istintivo perché è stato colpito da Carlos in un punto dove ha provato tanto dolore. Sarà. Fatto sta che ora si scopre che Chapron è un tipo un po’ bizzarro, che è riuscito a litigare anche con Ibrahimovic (e ci vuole comunque un certo coraggio) rifiutandosi di dargli il pallone della gara dopo una tripletta, cosa che è una tradizione internazionale del calcio. Ovviamente sui social si sono scatenati i meme su Chapron, dove viene rappresentato come personaggio di videogiochi di lotta, o come un atleta di Kung Fu. Di sicuro nulla nella sua carriera sarà ricordato di più di questa sciagurata serata.
Ma Chapron non è l’unico tra gli arbitri ad aver avuto un comportamento assurdo. Alcuni a volte sono troppo pignoli, ad altri invece piace parecchio bere, al punto da avere un cocktail col loro nome. Ma andiamo a vederli questi arbitri bizzarri. Il Thaitiano Charles Ariiotima, durante le Olimpiadi di Atene 2004, venne designato per la partita tra Serbia e Tunisia. All’ottantesimo minuto fischia il rigore che lo consegnerà agli annali. Non tanto per il rigore, ma perché il rigore stesso verrà fatto battere ben sei volte. Se Chapron ha fatto scempio del regolamento Ariiotima lo segue alla lettera, in maniera maniacale. Infatti per le prime tre volte la Tunisia segna il rigore ma l’arbitro fa ripetere perché alcuni suoi compagni erano entrati in area prima che venisse calciato. L’attaccante tunisino Jedidi alla quarta occasione, forse stanco, sbaglia. Rigore parato. Tutto finito? Manco per sogno, perché stavolta sono stati i Serbi a entrare in area in anticipo. Quindi si tira nuovamente, e di nuovo il portiere para. Ma ancora una volta… occorre un sesto rigore. E stavolta va dentro e l’arbitro finalmente approva. Da regolamento non ha sbagliato nulla ma una cosa simile non s’era vista mai.
Sjarhej Šmolik è stato un fischietto internazionale bielorusso. Una buona carriera fino a che un giorno tutto il mondo si è accorto di lui, ma non per la sua bravura. Diciamo che dimostrò al mondo intero che anche gli arbitri hanno i loro vizi. La partita tra FK Vitebsk e FC Naftan non sarebbe di certo passata alla storia se non fosse per il comportamento del fischietto internazionale. Ma perché, che aveva fatto? Perché l’arbitro Šmolik era ubriaco fradicio al punto da non riuscire nemmeno a stare in piedi, figuriamoci ad arbitrare. La sua camminata tutta storta, le sue decisioni assurde, il fatto che per l’intera durata della partita non si fosse mosso dal cerchio di centrocampo avevano destato dei sospetti, ma lui a fine gara si giustificò dicendo che era sciatica. Ma l’ospedale dove lo ricoverarono a fine gara disse che la sciatica c’entrava poco. Più che sciatica era la Vodka. Un tasso alcolico abnorme che però non doveva essere così sorprendente alla luce del fatto che nel passato già ben 9 volte gli era stata tolta la patente per guida in stato d’ebbrezza. Segno che la legge bielorussa è comunque comprensiva con i beoni. Non così tanto la Federazione che lo sospese a vita dopo la figuraccia mondiale.
Di arbitri ubriachi, e anche di assistenti degli arbitri, se ne trovano parecchi. Ma uno si è distinto rispetto a tutti gli altri. Nel 1975 Wolf-Dieter Ahlenfelder è considerato uno dei migliori arbitri in prospettiva del calcio tedesco. Fisico rotondo ma ottima gestualità e buon occhio. Per lui si prospetta un futuro roseo. Ma il giorno di Werder-Hannover succede qualcosa che lo fa entrare nella storia. Prima della partita va a mangiare con tutta la terna arbitrale. Sembra che si sia ingozzato di gnocchi con oca e cavolo rosso. Una prelibatezza, ma un po’ pesantuccia. Ora, vista la panza, era chiaro che al giovane arbitro piacesse mangiare. E a volte un goccetto aiuta a mandar giù il boccone. E se il boccone è particolarmente pesante forse serve più di un goccetto. Una bella birra corretta con la grappa Malteser può essere un buon digestivo. Ma forse dipende dalle dosi che per tutta la terna arbitrale devono essere state parecchio generose se è vero che una volta entrati nello stadio si persero e una squadra di inservienti dovette andare a cercarli. Ma la partita ha poi il suo regolare inizio. Sì, l’inizio è regolare ma al 32esimo l’arbitro Ahlenfelder fischia la fine del primo tempo. I giocatori gli chiedono se è sicuro di quel che fa e per fortuna un guardalinee, rimasto vagamente più lucido dei suoi sodali, gli fa vedere l’ora sul tabellone dello stadio. Ahlenfelder si rende conto dell’errore e fa riprendere il gioco. Ma solo fino al 42esimo. I giocatori e i tifosi in qualche modo si accontentano e rinunciano ai tre minuti. La partita poi arriva regolarmente al termine col risultato di 0-0 e ai giornalisti, che a fine gara gli chiedono il motivo del fischio anticipato alla fine del primo tempo, risponde candidamente “Ero ubriaco”. Erano altri tempi, anche per gli arbitri, e viene solo sospeso ma poi riprende la sua attività, venendo anche premiato come miglior arbitro dell’anno e diventando anche internazionale. Poco prima della sua morte sopraggiunta nel 2014, dichiarò: “Non ho fatto nulla di male, è normale bere una birra per un uomo della Ruhr. Se dicessi che nella mia carriera prima di ogni partita ho bevuto acqua e aranciata, beh, sarebbe una bugia. Ero una persona allegra e portavo questo modo di essere anche in campo”. Ma in qualche modo è diventato immortale, perché nelle birrerie di Brema cominciò ad andare forte un cocktail, composto proprio da birra e grappa e chiamato, guarda caso, Ahlenfelder. E si dice che ne andasse molto fiero. Perché gli arbitri possono anche restare nella storia, ma quasi mai per meriti.