Cous Cous Klan, al Piccolo Eliseo la tragicomica umanità di Carrozzeria Orfeo

Sullo sfondo di un futuro distopico ma quantomai probabile, in cui l’acqua è stata privatizzata rendendola la principale merce di contrabbando, una variegata e tragicomica umanità emarginata dalla società civile, è la protagonista di Cous Cous Klan, l’ultimo irresistibile lavoro di Carrozzeria Orfeo, in scena al Teatro Piccolo Eliseo fino al prossimo 28 gennaio.

Cous Cous KlanA comporre la micro comunità che (soprav)vive in un accampamento improvvisato a ridosso di una fossa comune, sono tre fratelli orfani: Caio, ex prete cinico e nichilista; Achille, un ragazzo sordomuto alle prese con la sua omosessualità e Olga, una cinquantenne che non ha ancora perso il desiderio di amore e maternità, a cui si aggiungono Mezzaluna, un immigrato musulmano e compagno di Olga, un pubblicitario che dopo esser stato cacciato di casa dalla moglie si ritrova letteralmente per strada e Nina, una squilibrata e ribelle che arriverà a sconvolgere tutte le loro precarie esistenze. Un agglomerato di individui carichi di dolore, frustrazioni e tormenti emotivi che formano un singolare e divertente klan, tenuto insieme da ricatti, convenienza e odio razzista e che a suo modo riesce tuttavia a trovare un precario equilibrio. Non c’è qui una vera e propria storia da raccontare, ma una quantità incredibile di temi urgenti e scottanti che emergono fondendosi alle sei diverse storie individuali di ognuno dei sei personaggi. Un branco di cani sciolti che riesce a diventare klan nel comune progetto di un particolare e folle piano che può rivelarsi la chiave per il loro riscatto sociale o, viceversa, ciò che potrebbe far inesorabilmente dividere le loro disperazioni.

Cous Cous KlanDopo i successi di Thanks for Vaselina e Animali da bar, Carrozzeria Orfeo riesce a mettere in scena un testo densissimo, divertente e allo stesso tempo estremamente tragico e profondo, dove esseri umani cinici e grotteschi si rivelano così meravigliosamente umani da commuovere, facendo seriamente riflettere sul concetto di “diverso”. Omosessuale, musulmano, disabile, schizofrenico, ognuna di queste amabili personalità è infatti troppo “diversa” per essere accettata e integrata nella società omologata, civile e progressista, è costretta dunque a vivere ai margini, rubando oggetti e vestiti dalle bare e seppellendo rifiuti tossici per guadagnarsi la giornata, ma nonostante tutto intravedendo nell’amore (platonico o reale) l’unica speranza possibile. Sul palcoscenico la compagnia ha una sintonia perfetta, tutti e sei gli attori sono impeccabili nel ruolo dei personaggi che si sono abilmente cuciti addosso, senza sbavature nei dialoghi, nelle tonalità, nelle espressioni, aiutati da una scenografia composta da due roulotte sgangherate e una carcassa d’auto che riesce a creare degli interni/esterni con luci ed effetti estremamente suggestivi e quasi cinematografici. Uno spettacolo che oltre che di dramma e ironia è anche carico di poesia, riuscendo a restituire un ritratto di un’umanità al limite talmente ben descritto e interpretato che rende evidente come la scrittura e il teatro italiano godano ancora di ottima salute.

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@vale_gallinari