Caffè da record a Torino: una tazzina a 1,10 euro
“Si cambia più facilmente religione che caffè”, diceva Georges Courteline. Certo, forse questo poteva esser vero paradossalmente nel 1922. Ma da quando il prezzo del caffè aumenta, anno dopo anno, è più probabile che nel 2018 un italiano smetta completamente di prenderlo al bar. Ultima città a sottoporre la famosa ‘tazzulella’ a rincaro è Torino, città in cui è arrivato a costare 1,10 euro.
Secondo quanto riportato da Adnkronos, l’associazione dei consumatori guidata da Emilio Diafora, ha dichiarato che: “Non c’è nulla che giustifichi questi rincari, e non solo sul caffè ma su tutte le voci dei consumi più significativi e popolari. Non mi risulta ci sia una crescita dei redditi con la stessa dinamica. La tassazione aumenta su tutto e si riversa sui consumatori finali” sostiene citando l’aumento delle tariffe, delle bollette, delle autostrade, come dalle cronache di questi giorni. A non essere dello stesso parere sono gli esercenti dei bar e dei pubblici esercizi per i quali “la tazzina ha viaggiato intorno a un aumento medio dell’1% nel 2017 sul 2016” come sottolinea Luciano Sbraga, direttore del centro studi di Fipe- Confcommercio sempre parlando con Adnkronos. “Dal nostro osservatorio – sostiene – non abbiamo verificato particolari tensioni per il caffé al bar”, anche se non esclude che nel 2018 “ci possano essere lievi ritocchi dovuti magari al costo della materia prima che viene acquistata in dollari e per un po’ di ripresa dell’inflazione anche se di dimensione contenuta”. Il prezzo del caffè, comunque, aumenta dell’ordine di 10 centesimi all’anno.
Dov’è che il caffè costa di meno? Il primato in basso spetta ancora a Napoli, la patria del nostro caffè, con 0,91 euro (+5,81%). Ma Napoli, del resto è una città generosa che, con il suo “caffè sospeso” e il “pane fuori dal negozio” (ve ne abbiamo parlato in questo articolo) continua a insegnare ancora molto. E se il prezzo del caffè aumenta nei locali, nelle nostre case siamo in grado di prepararci delle tazze migliori. Dopotutto, siamo sempre italiani.
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