Il lato oscuro dell’antimafia

Gli uomini e le donne dell’antimafia, sono gli antagonisti del sistema mafioso, sono quelli che spesso donano anima, tempo, forze e in alcuni casi la vita, nella lotta contro la criminalità organizzata. Non tutti però, hanno le stesse buone intenzioni. “Trent’anni di mafia ad Agrigento” è il film-documentario dedicato al pm Nino Di Matteo e ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, al quale stava lavorando il regista Mario Musotto.

Il regista, che alla presentazione del film affermava «Non possiamo e non dobbiamo permettere che i magistrati vengano abbandonati nella solitudine. Dobbiamo far sentire la vicinanza, la presenza e il sostegno della parte onesta di questa terra», non é apparso agli occhi del giudice di Palermo, Patrizia Ferro, un rappresentante di quella “parte onesta”. Musotto infatti é stato condannato ieri, a sei anni di carcere per sequestro di persona. Per motivi ancora ignoti, per due anni dal 2004 al 2006, ha fatto credere al suo socio Vincenzo Balli con il quale condivideva la World Ticket, società di vendita di spettacoli online, di essere in pericolo e di aver urgente bisogno di un programma di protezione, in quanto finito nel mirino della mafia. Così Musotto ha segregato in casa il suo socio, la moglie e la figlia di tre anni. Dopo due anni di intimidazioni, Balli insospettito riesce a trovare il vero commissario Quarta e non il falso complice del regista che firmava le mail, scoprendo la messa in scena.

Sempre ieri ma in Calabria, i carabinieri del Ros e della squadra mobile di Catanzaro hanno arrestato Maurizio Lento, ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia e il suo vice Emanuele Rodonò, per concorso esterno in associazione mafiosa. I due uomini, che sembravano impegnati nella lotta alla mafia, aprivano invece solo indagini contro le cosche nemiche al clan Mancuso con il quale erano in contatto attraverso l’avv. Antonio Carmelo Galati, arrestato anche lui, al quale fornivano informazioni sulle indagini in corso. Questi sono solo gli ultimi casi di chi vuole infangare l’antimafia, insinuandosi tra le persone oneste; sono le storie di uomini che hanno perso davanti al fascino del potere, sono le persone che a un certo punto scelgono, come nei film, di essere il cattivo. Come Rosy Canale, fondatrice del “Movimento delle Donne di San Luca” il paese d’origine della ‘ndrangheta. Un simbolo dell’antimafia, vittima delle cosche della Locride, scrittrice contro la ‘ndrangheta, coinvolta nell’operazione “Inganno”, per truffa e peculato. La credibilità acquisita le ha permesso di ricevere denaro pubblico, poi utilizzato per fini personali: come i 40mila euro stanziati dalla prefettura, che dovevano essere impiegati per la produzione manifatturiera del sapone all’interno del progetto “Botteghe artigianali”. Rosy Canale ,però, il sapone lo comprava già fatto e lo rivendeva con il logo dell’associazione mentre spendeva i soldi per i suoi piccoli acquisti, come una Fiat 500 ed una Smart.

 

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