San Miguel de Allende: Messico e musica
“La terra è un paradiso.
L’inferno è non accorgersene”
(Jorge Luis Borges)
Ci sono luoghi che ammaliano, non soltanto per la spettacolarizzazione del patrimonio architettonico e artistico che li circonda, ma soprattutto per quell’atmosfera che il realismo magico riesce ad inalare attraverso i colori, la cultura, gli usi e l’aura avvolgente di piccole oasi coloniali sperdute in suggestivi angoli di paradiso, nel Messico del folklore e delle grandi contraddizioni. Ad appena 265 km di distanza dalla caotica Città del Messico la pace regna sovrana e il tempo sembra aver perso la bussola del divenire fermandosi, improvvisamente, tra le strade assolate di San Miguel de Allende. In questo piccolo borgo coloniale i colori dominano incontrastati, illuminati dal sole della perenne estate -baciata dal caldo clima di steppa- lungo le ombrose calles gremite di sfavillanti bagliori color ocra, caffè, giallo e palissandro delle modeste abitazioni: piccoli giacigli rurali, ornati da imponenti grate di ferro battuto che, ordinatamente, fanno da cornice a maestose finestre aperte sul mondo, nel tempo senza età, spazio e dimensione di realtà che esulano da tutto, anche dalla logica del comune vivere. Lungo i lastricati di pietra delle antiche vie ci si perde tra i caldi aromi delle rigogliose bouganville magenta e viola che, prepotentemente, dominano la scena nelle minute facciate, come piccoli ginecei sempreverdi sulle soglie che, quasi irriverentemente, spalancano gli orizzonti a scintillanti patios; freschi e assopiti cortili, rifugio e ristoro delle siestas pomeridiane. A rompere il religioso silenzio di una pace quasi mistica, il rumore stridulo delle carrozze che attraversano le lunghe e strette vie: un andirivieni quotidiano che culla la folla di turisti -provenienti da ogni parte del mondo- alla scoperta della lunga e travagliata storia di San Miguel de Allende. E il remoto passato apre, così, il sipario all’antico centro storico in cui, regale, troneggia la maestosa Cattedrale tra gli allori del Jardin Principal che, solitario, rivendica una lunga e sofferta Indipendencia, politica e sociale.
San Miguel de Allende: angeli e demoni barocchi
Nella scintillante agorà del Jardìn Principal -piazza principale del suggestivo borgo- la vita sociale si anima di storia, cultura, arte e giochi architettonici rinvigoriti dall’accesa policromia dei fiori e dalla scenografia delle piante di alloro. Avvolte in cilindrici labirinti verdi sapientemente incastonati in un movimentato tappeto rotante, le arboree danze della natura si trasformano in un bucolico proscenio di fronte alla monumentale Parroquia: la Cattedrale di San Miguel Arcangel, estasi del ricercato manierismo architettonico seicentesco e principale attrattiva dell’antica “urbs colonialis”, pioniera di suggestive atmosfere trascendentali che riesumano dall’arte il gusto, sublime, dell’intramontabile. Un’apoteosi barocca che si proietta anche a sud-ovest della grande piazza, riaccendendo antichi fasti, glorie e virtù di un sanguigno eroe nazionale: Miguel de Allende, paladino della Revolution e de la Indipendencia del Messico. Un passato che riemerge attraverso i tesori dell’antico magione -residenza del prode hidalgo- oggi adibita a casa-museo. L’edificio, in stile barocco coloniale, risalente al sec. XVIII, ospita al suo interno il Museo de Historia de San Miguel de Allende e due singolari musei del giocattolo: il “Museo del Juguete” e “ La Esquina-Museo del Juguete Popular Mexicano”, che vanta una collezione di oltre mille giocattoli tradizionali. Ma le sorprese non finiscono qui. Fuori, ad attenderci, ci sono rigeneranti oasi di ristoro. A sud del Jardìn, la Plaza de Toros costituisce una delle principali attrattive. La struttura, costruita negli anni cinquanta, può ospitare oltre 3000 spettatori. Ma, a pochi passi dallo spettacolo cruento delle corride, la natura amica torna a fare capolino e a regalare lo spettacolo di piccole sorgenti incontaminate che, dal Paseo del Chorro, diramano gli orizzonti al grande polmone verde del Parque Juarez, tra gli zampilli di pittorische fontane, ponti e viali che il singolare manierismo coloniale ha saputo plasmare in forme e colori inconfondibili. Insieme al paesaggio, anche l’arte e la tradizione rivendicano la loro storia; perché San Miguel de Allende è soprattutto ritmo, musica e folklore. La Fiesta de Los Locos (la festa dei pazzi), totem allegorico di una scintillante tradizione in maschera, vede sfilare ogni anno -a metà giugno– carri, stravaganti vestiti e dolci tradizioni tra cui il lancio fluorescente delle golosinas, coloratissime caramelle dal caloroso retrogusto dell’inarrestabile movida messicana; un samba latino delle metamorfosi accompagnato da musica popolare “indigena” eseguita rigorosamente dal vivo. Ma il clamore trionfante dei balli in maschera è destinato a subire un rigido cambio di rotta e di programma durante il mese di marzo, attraverso il classico palinsesto del celebre Festival de la Musica Barroca. Un evento istituzionale che, ogni anno, ospita artisti internazionali che si cimentano in singolari virtuosismi acustici lungo le calles di una san Miguel de Allende multietnica ma, allo stesso tempo, straordinariamente coloniale. Un folklore che, dalla musica, dipinge la cultura di contaminazioni artigianali e culinarie. Come da tradizione, gli scorci variopinti di questo piccolo e ridente borgo, si animano di singolari diavolerie messe in bella mostra tra le filiere di coloratissime bancarelle, vetrine scintillanti del Mercado de Artesanias (il mercato dell’artigianato locale). Una rassegna artigianale di oggettistica in metallo, cartapesta, legno e vetro soffiato. Insieme ai classici mercatini non mancano Tiendas (negozi) e grandi firme specializzate nell’arte della produzione artigianale autoctona; tra cui Zocalo, La Calata e Tesoros che, da sempre, rappresentano una garanzia del “made in Mexico”. In mezzo a questo mare di storia, arte ed architettura non resta che naufragare tra le piccanti acque della cucina messicana di cui, San Miguel de Allende -eletto, nel 2008, Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco- vanta una lunga e succulenta tradizione. Impossibile resistere alle “ enchiladas mineras”, tortillas fritte ripiene di pollo o formaggio e insaporite da una salsa di peperoncino guajillo; o gli invitanti tumbagones, dolcetti simili ai cannoli dal retrogusto agrodolce dei pomodorini verdi. Ricette e Sapori distanti dalle regole culinarie della tradizione italiana che, tuttavia, come ogni viaggio che si rispetti, meritano il gusto della scoperta; di quella sana “diversità” che ci rende unici e complementari al tempo stesso.