Terremoto in Indonesia del 6.5. Pericolo tsunami
Terremoto in Indonesia. Un forte sisma di magnitudo superiore al 6 ha colpito l’Indonesia ed in particolare la famosa isola di Java, nota meta turistica. La scossa, che è avvenuta poco prima della mezzanotte ora italiana, secondo l’US Geological Survey, si è propagata da una profondità di 90 km nell’entroterra. Scattato immediatamente l’allarme tsunami anche se non si tratta delle faglie al largo delle coste che diedero il via al tremendo tsunami di 13 anni fa che causò il decesso di più di 280 mila vittime in tutto il sud est asiatico. Il terremoto in Indonesia ha scatenato, come è logico, nelle strade della capitale Giacarta ed in tutti i luoghi colpiti. Al momento si parla di due vittime accertate ma si teme che il bilancio possa salire ancora. Sono infatti molte le chiamate per richiedere soccorsi nelle quali si annunciava ci fossero vittime ma ancora non si hanno poi conferme dirette da parte delle autorità. Sopratutto non si ha alcuna notizia dalla città di Cipatujah che si trova ad un chilometro dall’epicentro. Le scosse hanno avuto una durata di venti secondi, un tempo che in una situazione di panico risulta essere enorme. Il portavoce della National Disaster Mitigation Agency, Sutopo Purwo Nugroho ha dichiarato che risultano numerosi edifici crollati sia a Giacarta che in tutta l’isola colpita. La televisione ha trasmesso scene di panico e di un vero e proprio esodo a seguito del terremoto in Indonesia. Sono state trasmesse immagini di molte persone che hanno abbandonato le abitazioni per dirigersi verso l’entroterra. Sempre secondo Sutopo Purwo Nugroho una delle città più colpite è Tasikmalaya, nella parte Ovest di Java, e risulta invece fortemente danneggiato un ospedale a Banyumas, dove i pazienti sono stati evacuati ma non ancora trasferiti.
Il terremoto in Indonesia non può non risvegliare il ricordo del terribile disastro che colpì l’intera area il giorno di Santo Stefano nel 2004. Oltre all’enorme numero di vittime i danni che colpirono l’Indonesia e tutti i paesi dell’area circostante furono incalcolabili e la ricostruzione ancora in corso. In tutto il pianeta si scatenò una gara di solidarietà per dare alle popolazioni colpite almeno l’essenziale. Si ricorda di quei giorni la toccante testimonianza di un turista statunitense rimasto bloccato in Sri Lanka che fu colpito dalla solidarietà dei locali nei confronti dei turisti. Ricordò che una persona che aveva perso tutto gli donò comunque le sue scarpe in quanto loro, gli occidentali, non erano abituati a stare senza. Storie toccanti ma che preferiremmo non dover ascoltare nuovamente. Si spera infatti che il conto delle vittime non sia troppo pesante proprio perché, a nche se la paura logicamente è tanta trovandosi l’area colpita nel cosiddetto “anello di fuoco”, una zona altamente sismica che si trova nell’Oceano Pacifico da dove scaturì lo tsunami, anche se non dovrebbe essere stato causato dalle medesime faglie ma da altre nell’entroterra che si pensa e si spera possano avere effetti meno devastanti. La zona dell’anello (o cintura) di fuoco comprende numerose catene ed archi insulari quali Giappone, Filippine, la stessa Indonesia, la Nuova Zelanda, oltre a numerosissimi vulcani, alcuni anche di recente formazione come il Paricutin che è nato nel 1945, il Krakatoa o il Fuji. Si pensi che ben il 90% di tutti i terremoti che avvengono nel mondo nascono dalle faglie che si scontrano in questa zona. Le placche continentali avanzano passando sopra alle placche pacifiche. Paesi più organizzati e industrializzati come il Giappone hanno imparato a vivere in questa condizione di emergenza continua riuscendo a convivere col fenomeno, in altri posti ancora meno sviluppati purtroppo l’edilizia non si è sviluppata ed ogni scossa distrugge completamente i villaggi che si trovano in prossimità delle coste.Al momento non risulta ancora del tutto scongiurata l’ipotesi che il terremoto in Indonesia abbia scatenato un nuovo tsunami, con l’augurio, ovviamente, che questa volta non succeda.
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