Trump ritira gli Usa dal patto Onu per i migranti e i rifugiati politici
Un passo indietro quello di Donald Trump che, senza pensarci troppo, ritira gli Usa dal patto Onu per i migranti e i rifugiati politici. Il “Global Compact on Migration”, patto Onu che era stato sostenuto precedentemente da Barak Obama e che, tra i tanti pregi, vantava quello di essere votato alla canalizzazione delle migrazioni internazionali è, di fatto, naufragato. Donald Trump ritiene che l’accoglienza di una «migrazione sicura, ordinata e regolare» sia del tutto incompatibile con l’attuale politica migratoria statunitense.
Trump ritira gli Usa dal patto Onu per i migranti e i rifugiati politici: le parole di Nikki Haley, ambasciatrice Onu
I rappresentanti di Washington hanno annunciato alle Nazioni Unite che: «La missione degli Stati Uniti presso l’Onu ha informato il suo Segretario generale che gli Stati Uniti stanno concludendo la loro partecipazione al Global Compact on Migration». Nikki Haley, ambasciatrice americana presso l’Onu, in un comunicato ha detto che: «L’America è fondata sull’immigrazione e noi siamo orgogliosi della nostra antica leadership morale nel garantire sostegno adeguato alle popolazioni dei migranti e dei rifugiati politici nel mondo. Nessun Paese ha fatto più degli Stati Uniti e la nostra generosità continuerà, ma le nostre decisioni sull’immigrazione devono essere prese dagli americani e soltanto dagli americani. Noi decideremo come meglio controllare i nostri confini e chi deve avere il permesso di entrare o no nel nostro Paese. L’approccio globale della Dichiarazione di New York è incompatibile con la sovranità degli Stati Uniti».
Nel 2016 i 193 Stati membri delle Nazioni Unite avevano approvato una dichiarazione che riguardava i recenti flussi migratori, che garantiva il rispetto della dignità umana di tutti i rifugiati politici, che contrastava il traffico di esseri umani, che esortava la lotta contro il razzismo, spettro orribile che ancora oggi s’aggira per l’Europa e il resto del mondo. Tale dichiarazione aveva dato il via ad cruciale processo di negoziazione, spinto a suo tempo da Barak Obama e dalla sua amministrazione, che avrebbe dovuto condurre (entro il mese di settembre del 2018) dritto al cuore del “Global Compact on Migration”. Ma il problema di fondo resta uno: gli Stati Uniti non intendono subire imposizioni e ingerenze esterne, non intendono rinunciare, nel modo più assoluto, alla propria autonomia nel gestire i flussi migratori in entrata nel loro Paese.
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