Clamoroso epilogo del Mille di Bercy: dopo essere stato a un passo dall’eliminazione all’esordio, Sock vince il torneo battendo il qualificato Krajinovic ed entra fra gli otto Maestri. Grande delusione Del Potro, Carreno ha sperato fino all’ultimo. Evento parigino in grave crisi. Domani inizia il Masters Next Gen.

2° turno a Bercy, Edmund è in vantaggio 5-1 al terzo contro Sock, si appresta a chiudere. A un passo dalle vacanze, l’americano riesce in un’improbabile rimonta, vince il match 7-5 al tie break ed entra negli ottavi. È stato questo il primo atto di una serie di situazioni che al termine della settimana lo hanno portato alla conquista del primo Mille in carriera e all’ingresso al Masters avendo iniziato la settimana da 24° della Race.

Nelle ultime settimane si erano susseguiti i calcoli, sei giocatori erano certi di entrare, Goffin molto vicino. Restava un posto, Carreno Busta lo occupava ma la sua forma era scadente. Del Potro e Tsonga avevano avuto l’occasione di insidiarlo già nella scorsa settimana ma avevano perso le finali di Basilea e Vienna. Querrey e Anderson erano i più vicini allo spagnolo ma anche loro in cattiva condizione. Con mille punti in palio per il vincitore c’erano anche altri potenziali pretendenti che dovevano vincere il titolo e sperare nei rovesci degli altri.

Del Potro era il Maestro che tutti avrebbero voluto vedere. Ha mancato la chance di insediarsi fra gli otto già lunedì scorso, perdendo la finale di Basilea con Federer. A Bercy è giunto in quarti, a una vittoria dalla qualificazione, ma la stanchezza, il fastidio all’anca e la consistenza di Isner gli hanno impedito di coronare la sua rincorsa. L’argentino si è svegliato tardi, una stagione fino ad agosto al di sotto delle aspettative. Hanno deluso Tsonga, Querrey e Anderson, subito eliminati; a sua volta subito battuto, Carreno Busta ha visto i suoi inseguitori auto-distruggersi e ha sperato che, come nei Dieci piccoli indiani, alla fine nessuno restasse in piedi e che gli si schiudessero le porte della O2 Arena. Eliminati anche Pouille e Bautista Agut, in semifinale restavano in corsa due americani che in caso di vittoria avrebbero potuto giocarsi titolo e Masters nell’ultimo atto.

Isner aveva battuto Del Potro, ma anche lui limitato da guai alla caviglia, ha lasciato strada a Krajinovic. Da giovane il serbo era considerato un predestinato, il nuovo Djokovic. A 16 anni era giunto in semifinale a Wimbledon e US Open u18, aveva approcciato il circuito con enormi aspettative. Difficoltà di crescita e un infortunio alla spalla lo hanno fatto rientrare nei ranghi. A Bercy è partito dalle quali, ha battuto Sugita, Querrey e Mahut, approfittato del ritiro di Nadal. In semifinale con Isner ha vinto un gran primo set, perduto il tie break del secondo. Giunto all’ultimo atto anche nel terzo ha rimontato da 0-3 per poi guadagnare il mini-break decisivo sul 5-5.

Qui torniamo a Sock. Dopo la rimonta da 1-5 con Edmund, l’americano ha sconfitto prima Pouille e poi Verdasco in rimonta. Suo avversario in semifinale è stato un’altra favola che questo Bercy, così privo di reali protagonisti, ha proposto. A gennaio 2016, Benneteau era 696, conseguenza della sua operazione agli adduttori. È risalito lentamente, qui ha avuto wild card. All’esordio ha superato Shapovalov, frustrato le ambizioni Masters di Tsonga, minacciato quelle di Goffin. Contro Sock si è piegato dando battaglia nel primo parziale.

La finale non era certo quella sperata dagli organizzatori. Fra lungodegenti, il ritiro di Federer a tabellone compilato, quello di Nadal prima dei quarti e alcune sconfitte a sorpresa, Forget ha assistito attonito al crollo del torneo del quale è direttore. La vicinanza con il Masters è la stessa di sempre, l’usura dei migliori maggiore poiché questa generazione di grandi ha vinto molto più di quelle che l’hanno preceduta. È però un fatto che Bercy sia in grave crisi tanto da rendere necessaria almeno una discussione sul da farsi. Ripensare il calendario è un’ipotesi, anche se ci sono equilibri da rispettare.

In finale Krajinovic non ha tremato, ha vinto 7-5 un bel primo parziale chiuso da un dritto sul nastro di Sock. Il colpo forte dell’americano però ha preso a funzionare dal secondo: 22 vincenti, un secondo set dominato, il break del terzo conquistato con un gran passante di dritto al 3° gioco. Sock ha poi allungato ulteriormente fino al 6-1.

È il primo americano a vincere un Mille da Roddick a Miami 2010, il primo a partecipare al Masters da Fish nel 2011. Segnale di rinascita per il paese un tempo dominatore? Direi di no. Sock ha sfruttato anzitutto gli infortuni di molti grandi, non sarebbe mai entrato con Djokovic, Murray, Wawrinka, Raonic, Nishikori in circolazione. Ha avuto il merito di arrivare a fine stagione più integro e in forma dei suoi avversari e ha sfruttato l’occasione che gli si è posta davanti. Va al Masters dopo aver avuto un buon inizio di stagione, due piccoli tornei vinti e la semifinale di Indian Wells, ma il 3° turno a Melbourne quale migliore risultato annuale negli Slam.

Londra inizia domenica, banco di prove per lui e per altri, ma con Federer e Nadal ancora favoriti, sempre che le ginocchia di Rafa gli consentano di giocare, Zverev e Dimitrov sono i maggiori indiziati a piazzare il colpo.

Domani parte la prima edizione del Masters Next Gen a Milano, con le nuove inquietanti regole come i set a 4 e il no ad che minacciano di stravolgere lo spirito e l’unicità del tennis. Quinzi si è qualificato attraverso il torneo riservato agli italiani e avrà nel girone Rublev, Shapovalov e Chung. Nell’altro gruppo sono presenti Khachanov, Donaldson, Coric e Medvedev. Speriamo che le sperimentazioni non brillino agli occhi dei boss ATP, altrimenti saranno guai.

Twitter: @MicheleSarno76

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