Referendum autonomia, il governo non ci sta

Referendum autonomia, la Lega Nord esulta per i risultati ottenuti in Veneto e Lombardia ma i governatori, Roberto Maroni e Luca Zaia, si dividono sulle strategie post elettorali. Se il primo è aperto al confronto istituzionale, il secondo batte cassa e chiede di modificare la Costituzione.

 

Vittoria schiacciante del Sì all’autonomia in Veneto e Lombardia, chiamate al voto dai rispettivi governatori leghisti per esprimersi sul cosiddetto“regionalismo differenziato”. I dati delle urne parlano chiaro: il 98,1% dei votanti veneti si dichiara a favore del Sì con una percentuale di affluenza pari al 57,2%, sufficiente a raggiungere il quorum. Risultato simile in Lombardia dove il 95,29% si esprime per il Sì anche se l’affluenza si attesta solo al 38,25%. Dal giorno dopo però gli umori cambiano e se Maroni si mostra più conciliativo con il governo, Zaia non è dello stesso avviso rivendicando lo Statuto speciale per il Veneto, ergo la modifica della Costituzione. Fonti vicine a Matteo Salvini però rassicurano: « Non c’è scontro tra Maroni e Zaia nelle scelte che hanno fatto il giorno dopo il referendum i territori sono diversi e diverse sono le strategie».

 

La replica a Zaia da parte del governo arriva da Gian Claudio Bressa, sottosegretario agli Affari Regionali, che rispedisce le affermazioni al mittente: «Siamo pronti ad aprire un tavolo subito ma la condizione di partenza è che le Regioni approvino una legge in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione» per chiedere l’autonomia differenziata, aggiungendo: «il problema è che oggi Zaia ha fatto approvare in Giunta una proposta di modifica costituzionale per inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale. È una proposta non ricevibile dal Governo, semmai di competenza del Parlamento». Il discorso di Bressa è chiaro, nessuna modifica costituzionale, le regioni anche dopo il referendum potranno operare solo nei limiti dell’art.116, competenza che avrebbero avuto comunque aldilà di quest’ennesima campagna elettorale.

 

Al coro si aggiunge il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, proponendo «un accordo delle forze politiche per un progetto come quello che abbiamo lanciato noi (“Tornare a Maastricht”) che permetterebbe la riduzione annuale delle tasse per una cifra che può variare tra i 30 e i 50 miliardi di euro».

 

 

@FedericaGubinel

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