Monet, sessanta capolavori del Musèe Marmottan in mostra al Vittoriano
Inaugurata al Vittoriano con una gremitissima conferenza stampa, la Mostra Monet – Capolavori del Museo Marmottan-Monet che mostrerà al pubblico circa sessanta opere del maestro di Le Havre tutte provenienti dal Museo Parigino. La mostra organizzata da Arthemisia “raccoglie le opere che Monet conservava nella sua ultima amatissima dimora di Giverny, e successivamente donate da collezionisti dell’epoca e dal figlio Michel” ci racconta il direttore del museo Patrick De Carolis “e che non aveva mostrato al pubblico perché sosteneva che non venissero capiti. Lasciti importanti e numerosi avvenuti alla morte del figlio nel 1966 che hanno dato lustro al museo che ho l’ onore di dirigere che si è arricchito di capolavori costringendoci negli anni novanta a cambiare il nome al museo”. La curatrice Marianna Mathieu ribadisce con forza l’importanza di questa mostra “perché è la prima volta che una tale quantità di capolavori si spostano in blocco per una singola esposizione, ad anche perché sono l’ennesima testimonianza tangibile della grandezza dell’artista Monet, che si è sempre evoluto nell’arco della sua carriera cercando nella sua pittura sempre qualcosa di nuovo, un vero cacciatore d impressioni come sosteneva il suo amico Guy de Maupassant”.
Sei le sezioni del percorso espositivo a cominciare da Una famiglia – un museo che testimonia su tela il suo amore per i figli che Monet ritrasse con grande amore e in diversi momenti della sua esistenza. Tre ritratti esposti di Michel e uno di Jean nei quali si notano le rapide e nervose pennellate a tratti incompiute dalle quali emergono la tenerezza e le gote paffute dei suoi amati figli. Il secondo segmento riguarda Le Caricature, genere che Monet apprese dal suo primo maestro Ochard i cui insegnamenti gli renderanno una certa notorietà nella prima fase a tal punto da permettergli un mercato e clienti disponibili a pagare. Le sue caricature “tipizzano” i soggetti invece di rappresentare personaggi reali, ed ecco che “Vecchia Normanna” e “Giovane donna al piano verticale” qui esposte ci restituiscono lo spirito di allora, mentre una seconda schiera di disegni ritrae autorità dell’epoca quali Adolphe Dennery e Theodore Pelloquet.
La terza sezione è quella centrale per la vita del maestro che incomincia a girovagare per L’Europa in cerca di un qualcosa che ispiri la sua osservazione dal vero. Un vero e proprio Cacciatore di Motivi che nel 1870 a Londra scopre la luce di Turner e il paesaggio di Constable dai quali rimane incantato e ispirato nei dipinti di inizio novecento tra i quali Ponte di Charing Cross e Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi entrambi in mostra, veri propri capolavori impressionisti. Nel soggiorno a Vètheuil nel 1878 Monet attraversa una della fasi più delicate della sua vita con la morte della sua amata Camille, evento che isolerà e segnerà la sua pittura in modo drastico, i colori freddi e irreali di “Effetto neve. Calar del sole” sono il segnale evidente di un abbandono netto della descrizione a vantaggio dell’interpretazione del soggetto. Nel soggiorno costiero in Normandia, il mare le spiagge e le falesie di Puorville ed Etretat gli offrono motivi a lui cari, la pennellata è materica e gli elementi naturali ritratti sono forze in azione colte nel pieno di una lotta, come testimoniano “Barca a Vela. Effetto della sera” e la splendida Etretat Falesia d’Amont”. In Liguria rimarrà talmente abbagliato dalla luce della regione da voler immortalare la campagna variopinta e dorata con “Il Castello di Dolceacqua”, mentre in Bretagna sarà l’aspro e selvaggio paesaggio atlantico a suscitare sulla sua tela le emozioni che in lui suscita la natura. Il suo vagabondare lo riporta ogni volta nella sua amata Giverny per dedicarsi alle tele iniziate dal vero e alla sua seconda passione: il giardinaggio.
La quarta sezione Ninfee racchiude questo amore incondizionato che Monet ebbe per il suo amato giardino di Giverny, vero Tableau Vivant e soggetto prediletto delle sue opere. Comincia a ritrarre le piante e alberi da frutto, inizia a coltivare piante acquatiche che ritrae in un paesaggio ricco di vegetazione e immerse nel suo stagno, tra giochi di luce e sublimi riflessi dell’acqua. Nel 1903 inizia su tela la sua ossessione per le Ninfee che diventeranno un soggetto onnipresente di cui quelle qui esposte sono da considerare studi preparatori per le monumentali tele collocate al Musèe de l’Orolangerie. L’ultimo ventennio di Monet è segnato da vari lutti e dallo scoppio della guerra, eventi che segnano di pari passo la sua pittura sempre più libera e mutevole. Nella penultima sezione I ponti giapponesi e i salici piangenti riecheggia chiaramente la tristezza che lo attanaglia, l’albero è dipinto solitario senza foglie e con lunghi ramo ondulati e la tela è satura di colore e densa di pioggia verticale occupando l’intero spazio del dipinto. I ponti giapponesi segnano il disgregarsi della rappresentazione, l’immagine è intrisa di colore di un’ intensità indecifrabile. Monet dipinge la luce e lo spazio che si frappone tra lui e il suo occhio, è la visione che conta non quel che si vede, punto di partenza per la modernità di inizio novecento. Chiudiamo con i pannelli monumentali per celebrare la fine della guerra mondiale che il maestro esegue su incoraggiamento del suo amico e padre della patria Georges Clemenceau. I venti pannelli furono donati allo stato francese da collocare all’Orangerie delle Tuileries. Qui esposte alcune parti di questa monumentale opera, alcuni di un paio di metri come “I Glicini” e varie tele di raccordo tra un pannello e l’altro, il tutto in bilico tra figurazione e astrazione del suo ultimo periodo definito giustamente “arte non figurativa”.
Le sorprese non finiscono qui, e all’uscita veniamo salutati da una ri-materializzazione di una celebre Ninfea di Monet distrutta in un incendio al MoMa di New York nel 1958. Un progetto guidato da Sky Arte HD che ha permesso di ricostruire con sofisticate tecnologie la vita di sette capolavori andati distrutti o rubati e ai quali saranno dedicati altrettanti documentari. Qualità, quantità e varietà questi gli ingredienti di questa mostra assolutamente da non perdere per conoscere e approfondire uno dei maestri assoluti della storia dell’arte moderna.