Referendum di Veneto e Lombardia in 5 punti

Il referendum di Veneto e Lombardia si terrà il prossimo 22 ottobre, cittadini al voto per ottenere l’autonomia dal governo centrale a condizioni analoghe a quelle previste per le attuali regioni a Statuto speciale. Una consultazione, quella prossima ventura, che riporta la mente ai recenti scontri avvenuti in Spagna. Questa però non è la Catalogna, la consultazione prossima ventura se ne discosta in più di un punto. Ecco i principali aspetti del referendum che interesserà le due regioni.

 

NESSUN PARAGONE CON LA CATALOGNA –  A differenza di quanto accaduto in Spagna, il prossimo referendum trova legittimazione nell’art. 116 della Costituzione. Nel pieno rispetto della Carta avrà valore consultivo ed ha ottenuto il via libera del Governo e della Corte Costituzionale.

 

COSA CHIEDONO VENETO E LOMBARDIA – Qual è l’obiettivo? Di certo non quello di mettere in dubbio l’unità nazionale, il termine secessione è stato del tutto abbandonato dai promotori leghisti, Roberto Maroni (Presidente della Regione Lombardia) e Luca Zaia (Presidente della Regione Veneto). Così, il quesito avrà lo scopo di avviare un percorso per la ridiscussione delle competenze da affidare alle suddette regioni, le quali intendono avviarsi verso l’ottenimento di quella autonomia differenziata già oggi riconosciuta in Sicilia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle D’Aosta e Sardegna. All’atto pratico però il fine sarebbe abbattere il c.d. «residuo fiscale» ovvero la differenza esistente tra le tasse pagate dalla regione e la spesa pubblica ivi reinvestita dallo Stato. Alcune competenze riguarderanno anche sicurezza e immigrazione, anche se tutto questo resta dubbio senza una modifica della Costituzione. Infatti, solo una legge di revisione costituzionale consentirebbe a Veneto e Lombardia di ottenere l’effettiva autonomia, quella appunto delle Regioni a statuto speciale.

 

I QUESITI – Diversi tra loro, così reciterà il quesito che sarà sottoposto agli elettori lombardi: «Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?». Mentre in Veneto: «Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». Va precisato inoltre che mentre in Lombardia non è richiesto alcun quorum di validità, in Veneto affinché il referendum sia valido è necessaria la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto.

 

E IL GIORNO DOPO? – Nessuno stravolgimento effettivo, si è detto che l’art. 116 della Costituzione attribuisce alle regioni la possibilità di trattare con lo Stato centrale per l’ottenimento di maggiori competenze rispetto a quelle elencate all’art. 117 della Carta. Le due consultazioni non sono necessarie quindi e in ogni caso sortiranno effetti limitati nel breve periodo data la non vincolatività dei referendum. Ad ogni modo, in caso di vittoria del Sì si potrebbe aprire la possibilità di una trattativa con il governo la quale, se seguita da una proposta di legge approvata in Parlamento, traghetterebbe le due regioni verso il riconoscimento dello Statuto speciale. Era necessario un referendum? No, questo lo rende per lo più strumento di pressione politica.

 

SOSTENITORI E NON – Oltre alla Lega Nord, schierati a sostegno del Sì sono anche Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Più contorta la posizione del Partito Democratico, che ufficialmente li considera inutili pur avendo tra le sue fila chi non la pensa così come il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e quello di Bergamo, Giorgio Gori, entrambi a favore del Sì.

 

 

@FedericaGubinel

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