Tutti i punti oscuri dell’accordo Italia Libia sugli sbarchi
accordo Italia Libia sugli sbarchi.
Dietro l’improvviso calo degli sbarchi sulle coste europee ci sarebbe un accordo tra il governo italiano e i trafficanti di esseri umani; è quanto sostiene un’inchiesta di Le Monde che accusa l’Italia di complicità con gli scafisti allo scopo di impedire le partenze. Il reportage fa eco ad altre testate internazionali che già avevano denunciato la questione, supportata dalle statistiche sui numeri degli sbarchi: nell’estate 2017, il periodo in cui un maggior numero di migranti si mette in viaggio a causa delle condizioni metereologiche migliori, sono state soccorse in mare solamente 3.900 persone contro le 21.000 registrare nel 2016, durante lo stesso periodo. «Roma è sospettata di aver pagato i servizi delle milizie libiche per fermare l’afflusso di migranti sulle sue coste. Il governo smentisce. Le imbarcazioni vengono intercettate in mare. Conseguenza: il numero di traversate del Mediterraneo verso Lampedusa è crollato ad agosto», scrive Le Monde. Secondo il ministro dell’Interno Marco Minniti, il calo degli sbarchi è dovuto solamente al rafforzamento della guardia costiera libica e del nuovo equipaggiamento fornitole grazie ai fondi europei, oltre alla regolamentazione del lavoro delle Ong, accusate di incoraggiare le traversate con la loro presenza in mare.
Secondo il New York Times, la premura del governo italiano a fermare i flussi è intesa ad evitare che i partiti populisti guadagnino consensi speculando sulla paura dell’immigrazione, soprattutto in vista delle elezioni, nel pieno consenso – e indifferenza – dell’Unione Europea. A confermare a Le Monde, durante un colloquio telefonico, che esiste un vero e proprio patto tra l’Italia e i trafficanti è stato un “personaggio molto importante” di Sabrata (la città libica da dove salpano i barconi) che ha preferito restare anonimo. La fonte parla di «accordo tra gli italiani e Ahmed Al-Dabbashi, rampollo di una potente famiglia e capo della brigata dei martiri Anas Dabbashi», aggiungendo che «chi prima faceva il trafficante oggi combatte il traffico di esseri umani». Dabbashi è una figura tanto ambigua quanto importante: con lui il governo italiano aveva già stretto un accordo per la sicurezza dell’impianto Eni a Mellitah, in Libia. Responsabili della polizia libica, secondo il Corriere della Sera, hanno confermato che Dabbashi avrebbe avuto contatti con alcuni funzionari italiani e ricevuto 5 milioni di dollari per fermare le partenze. Secondo un’altra testimonianza raccolta dall’Associated Press le milizie hanno dunque impedito alla barche di migranti di arrivare sulle coste europee e ordinato ai trafficanti di bloccare il loro lavoro. In cambio hanno ricevuto stipendi, navi ed equipaggiamenti.
A confermare la stessa versione è stato anche il sindaco di Sabrata: «con la milizia di Dabbashi c’era poco da fare. Il modo migliore era integrarla, cosa che i servizi di informazione italiana e Minniti, con il quale mi sono incontrato più volte in Libia e a Roma, hanno ben intuito». Ma la misura difficilmente avrà effetti duraturi. Secondo testimoni, nessuno impedisce le partenze a Sabrata; la maggior parte dei gommoni viene intercettata solamente una volta partita, e i migranti costretti a tornare a terra. Raramente l’operazione è gestita dalla guardia costiera. Secondo il racconto di un migrante senegalese le persone a bordo sono torturate e costrette a pagare nuovamente per un’altra partenza. Se cessano gli sbarchi infatti, non succede lo stesso per le estorsioni ai migranti. I trafficanti si guardano bene dal dire che la rotta è chiusa, alimentando l’illusione per poter mantenere attivi gli affari.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_