La Statale di Milano e il problema dei test d’ingresso in Italia
Un’ordinanza del Tar ha vietato il numero chiuso nelle facoltà umanistiche della Statale di Milano: niente test d’ingresso, ma è caos sulle modalità di iscrizione ai corsi. L’Università nel frattempo annuncia il ricorso contro la decisione nonostante le proteste degli studenti.
LA DECISIONE DEL TAR – L’università Statale di Milano sospende i test d’ingresso per i corsi di laurea umanistici. Il provvedimento è stato annunciato a seguito dell’ordinanza del Tar del Lazio, ma potrebbe avere vita breve: la Statale ha manifestato l’intenzione di ricorrere al Consiglio di Stato il prima possibile. Il Tar ha annullato l’efficacia delle delibere del Senato accademico a maggio, che avevano introdotto la soglia agli accessi per sei corsi di laurea, ovvero Filosofia, Storia, Lettere, Geografia, Scienze dei Beni Culturali e Lingue. Ma il rettore della Statale Gianluca Vago ha annunciato la volontà di opporsi all’ordinanza: «Ricorreremo al Consiglio di Stato, chiedendo una decretazione d’urgenza che sospenda il giudizio del Tar, poi ricorreremo anche contro il giudizio di merito del Tar, che però deciderà nel 2018. Siamo convinti della ragionevolezza della nostra decisione».
LA PROTESTA DEGLI STUDENTI – Il provvedimento del Senato accademico aveva provocato la dura reazione degli studenti, che si erano mossi concretamente con il ricorso al Tar da parte dell’Udu (unione degli universitari). Con la decisione del Tar però cambiano le carte in tavola: infatti per gli oltre 4mila iscritti alle prove non ci sarà la temuta selezione, ma non è chiaro come gli studenti potranno perfezionare la loro iscrizione ai corsi di laurea scelti. Attualmente tutti gli studenti che si sono iscritti al test sono di fatto degli “ammessi con riserva” in attesa della decisione del tribunale amministrativo e attraverso i rappresentanti dell’Udu chiedono al rettore di ritrattare: «Chiediamo al rettore Vago di non fare ricorso perché non si gioca sulla pelle degli studenti. Deve adoperarsi subito per adempiere a quanto deciso dal Tar e da domani aprire immediatamente le facoltà a chi si vuole iscrivere».
IL PROBLEMA LOGISTICO – Il criterio di base per il Ministero dell’Istruzione è quello della proporzionalità tra gli studenti di un corso di laurea e i docenti, condizione necessaria per l’accreditamento dei corsi. Le sei facoltà per le quali è stato introdotto il numero programmato hanno avuto 4200 domande, di cui il 15% multiple, ma i posti a disposizione sono solo 3050. Senza nuovi docenti il rettore non potrà far partire i corsi e al momento l’equilibrio della questione è su un filo sottile. La domanda in materia di insegnamenti universitari è sempre la stessa: mantenere i corsi a numero aperto per garantire il diritto di tutti allo studio o inserire il numero chiuso per innalzare la qualità dell’insegnamento ricevuto? Se nel settore privato la risposta è stata da anni trovata nel numero chiuso che garantisce degli standard di insegnamento elevati, per l’università pubblica non sembra esserci una risposta semplice e questo ennesimo caso ne è la dimostrazione.
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