“Made in jail”, il carcere va di moda

Una maglietta, un po’ di fantasia e tanta voglia di ricominciare. Questo è “Made in jail”, una Cooperativa Sociale, un negozio e un marchio di abbigliamento, nato nel 1984 all’interno della Casa circondariale “Rebibbia”.

I numeri che hanno portato al Decreto svuotacarceri sono sconcertanti: al 31 ottobre 2013 sono 64.323 i detenuti reclusi in 205 istituti di pena con una capienza regolamentare di 47.668 posti. Carceri come lager, che annientano sogni e identità delle persone. A Roma però, se guardate bene, passeggiando a via Tuscolana, all’interno di una galleria troverete il negozio “Made in Jail” un’esperienza di reinserimento lavorativo e sociale nata da un’idea di un gruppo di detenuti dissociati dal terrorismo desiderosi di “evadere” dalla vita difficile del carcere. Alla fine degli anni Ottanta i detenuti imparano le tecniche di stampa serigrafica e producono le prime magliette, dando vita così alla Cooperativa Sociale Seriarte Ecologica “Made in Jail”. Un’esperienza che non si interrompe con la fine della pena ma che, anzi, diventa sempre più un’occasione per riaccendere negli ex detenuti la voglia di riscattarsi e di rendersi utili per chi dal carcere ancora non è uscito, avviando veri e propri corsi di stampa serigrafica all’interno di diversi istituti penitenziari. Nel 2005 il Comune di Roma ha donato alla Cooperativa in comodato d’uso un ex negozio di abbigliamento, sito in via Tuscolana 695; un bene, che sembra essere appartenuto a un mafioso legato alla Banda della Magliana dove era nascosta una “bisca” clandestina, confiscato il 13 gennaio 2000. Al momento dell’assegnazione il negozio si presentava in pessime condizioni, a causa dei numerosi atti vandalici eseguiti dai precedenti proprietari successivamente al provvedimento di confisca. «Questo negozio lo abbiamo sistemato tutto noi, a spese nostre: il pavimento, i muri, gli infissi e le vetrine, senza nessun tipo di finanziamento pubblico. Ci hanno dato il posto, non paghiamo l’affitto ma poi non si é visto più nessuno» afferma Silvio Palermo, presidente della Cooperativa.

Con il marchio “Made in Jail” vengono prodotte magliette, felpe e borse attraverso il metodo della serigrafia, una tecnica di stampa di immagini, forme e scritte che vengono impresse su qualsiasi tipo di supporto o superficie facendo depositare l’inchiostro attraverso le aree libere del tessuto, utilizzando solo prodotti ecologici e colori a basso impatto ambientale. Le magliette hanno immagini e frasi taglienti, che riportano ai sentimenti di rabbia, voglia di libertà, ribellione, di chi il carcere lo ha vissuto da dentro: “Arresta il Sistema”, “Be free”, “Beato chi crede nella Giustizia perché verrà Giustiziato”, “Non è tutto loro quel che luccica”, “Non mi avrete mai come volete voi”. Nonostante alcune criticità, “Made in Jail” é un esempio reale di riuso a fini sociali di un bene confiscato, come previsto dalla Legge 109/96 e allo stesso tempo un modello da prendere in considerazione alla luce dell’attuale situazione dei carceri italianie

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