Commemorazioni dal futuro, l’arte distopica salverà il mondo (?)
Nel 1948 George Orwell scriveva il suo celebre 1984, a ragione considerato come uno dei più importanti esempi di romanzo distopico dove per distopia si intende “la descrizione di un’immaginaria società altamente indesiderabile o spaventosa, spesso ambientata nel futuro e nella quale alcune tendenze sociali, politiche o tecnologiche avvertite nel presente raggiungono estreme conseguenze negative o addirittura apocalittiche”. Mentre Orwell ci raccontava pessimisticamente un mondo sottomesso e controllato da potenze totalitarie, settant’anni dopo il collettivo artistico DustyEye vuole porre nuovamente l’attenzione sul concetto di “utopia negativa” attraverso la sua ultima provocazione: l’installazione di una serie di targhe commemorative sparse per la città con cui è pronto a raccontare Il migliore dei futuri possibili. Il progetto, iniziato lo scorso marzo, è un vero e proprio viaggio nel tempo attraverso eventi salienti di un futuro prossimo o anche molto lontano, tali da meritare targhe ad eterna memoria come monito per le generazioni…precedenti. Nello specifico le inquietanti targhe postdatate raccontano di androidi che si tolgono la vita o di giovani brutalmente giustiziati perché colpevoli di non possedere un profilo social, commemorando dunque episodi che danno l’idea di quello che sarà il mondo tra una manciata di decenni. Non certo supposizioni, ma quello a cui senza dubbio porterà l’attuale tendenza di progressivo allontanamento dalla dimensione umana a favore di una tecnologia sempre più totalizzante.
Le misteriose targhe per il momento sono apparse a Piazzale Flaminio, Villa Borghese, al Pigneto, Villa Ada e nelle vie del centro storico secondo elaborati calcoli che determinano le esatte coordinate dove quegli eventi avranno effettivamente luogo, ma come a Roma presto compariranno un po’ in tutta Italia a formare una grande installazione artistica che vuole invertire la tendenza dell’attuale incapacità (e impossibilità) di progettare il domani, per tornare invece a “immaginare il futuro, a parlarne, cercando di capire come lo vogliamo”. Lo stesso collettivo DustyEye spiega che “l’idea è quella di creare un ponte tra passato, presente e futuro, di cui la targa ne è un’interprete, invogliando le persone a una riflessione sociale sul valore che diamo al nostro tempo e su quanto siamo assuefatti dalle nuove tecnologie, dalle loro norme e paradossi”.
Come ulteriore riflessione sui tempi attuali dominati da un’umanità schiava del culto di se stessa, i membri del collettivo hanno deciso di nascondere la propria identità proprio per opporsi alla logica egocentrica a cui i social network danno voce, si celano così dietro maschere che amplificano il senso di inquietudine. Realizzate dallo stesso artigiano veneziano che ha prodotto quelle del capolavoro di Kubrick Eyes Wide Shut, ne ricordano le stesse atmosfere cupe e in qualche modo aberranti. I riferimenti a un certo cinema “colto” e a uno specifico filone artistico che va da Duchamp a Piero Manzoni, i riferimenti a Voltaire nello stesso titolo del progetto e l’ispirazione all’universo letterario di Mark Twain, Kurt Vannegut, George Orwell o Jonhatan Swift, lasciano intendere che le loro installazioni non sono solo provocazioni fini a se stesse, ma forti di un solido sostrato culturale, spingono a riflettere sul concetto stesso di opera d’arte e sul suo ruolo (e forma) all’interno del panorama dell’espressione artistica contemporanea. Se è vero che l’opera d’arte è sempre espressione del suo tempo, il progetto distopico dei DustyEye ci parla senza dubbio di una contemporaneità dal futuro incerto e drammatico, in cui la grande sfida sarà, proprio come per i protagonisti di 1984, lottare disperatamente per conservare un granello di umanità.
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