Marijuana in farmacia. In Uruguay l’erba è di Stato
Marijuana in farmacia in Uruguay da tre giorni. Lascito dell’ex amatissimo Presidente Mujica. Oltretutto viene venduta ad un prezzo favorevolissimo, appena il corrispettivo di un euro al grammo. E di grande qualità, proprio per contrastare e fare concorrenza ai cartelli della droga sudamericani. E la cosa al momento sembra funzionare. In soli tre giorni più di 7000 persone si sono registrati sul registro dove è obbligatorio iscriversi per poter comprare la marijuana in farmacia. La Legge prevede che si possa anche produrre per uso personale, fino ad un massimo di sei piantine a persona, così come l’acquisto in farmacia è limitato a 40 grammi al mese. L’uso non è necessariamente terapeutico, l’uso dell’erba è stato legalizzato anche per scopo ludico. Non che non ci siano state politiche o un acceso dibattito sull’argomento, ma ad oggi la maggioranza degli uruguayani sono favorevoli all’erba di Stato. La Legge prevede che tutta l’erba prodotta e presente in Uruguay sia considerata proprietà dello Stato che ne garantisce la qualità evitando l’aggiunta di sostanze tossiche come avviene invece nel mercato clandestino. Un approccio alla Legge del tutto nuovo per il Sudamerica, anche se ora altre nazioni, del sud e del nord America, quali Messico e Canada, intendono muoversi nella medesima direzione. Gli oppositori interni temono quello che è un antico leitmotiv dei proibizionisti, e cioè che avendo facilità ad accedere alla marijuana invogli i consumatori a passare a sostanze più pesanti quali MDMA, cocaina etc. A parte l’ovvietà di chi in effetti è interessato a passare a queste altre sostanze e lo farà comunque, a parte che anche gli alcolizzati sono ovviamente partiti da una birretta e non da due litri di tequila ma a nessuno è mai venuto in mente di proibire le birre, è in realtà proprio il lasciare il commercio della marijuana ai cartelli della droga che spinge poi i consumatori, invogliati dagli spacciatori che hanno più interesse a vendere altre sostanze, a provare cose più forti. E paesi come il Portogallo si sono spinti anche più in là legalizzando (e controllando) il mercato di tutte le droghe, eroina compresa. I fatti danno ragione all’inusuale e coraggiosa scelta portoghese. I dipendenti da sostanze psicotrope sono diminuiti proprio nel momento in cui tutti possono avere accesso al loro acquisto. E del resto, e questo è chiaro per chiunque, il proibizionismo ha di fatto fallito. La prova è che il consumo di droghe negli ultimi 50 anni, nonostante campagne governative, nonostante gli arresti e le condanne, nonostante i sequestri, non è mai diminuito, anzi, è aumentato. E persino il nome “marijuana” fa parte delle campagne proibizioniste del 900. In realtà il nome della pianta è “Canapa Indiana” e cresce ovunque, ma agli inizi del ‘900 si decise che era un nome troppo comune, occorreva un nome “esotico” per spaventare le masse e dimostrare che era un pericolo misterioso che veniva da lontano, così venne dato alla pianta il nome di marijuana. Sul web si trova anche l’ipotesi, ma non abbiamo i mezzi per dire se vera o falsa, che in realtà fu l’industria del petrolio a pretendere che questa pianta, dalla quale si ricavano tessuti, plastiche e perfino carburanti, diventasse illegale. Chiunque la può produrre. E potrebbe sostituire il petrolio in molti suoi utilizzi. Ford creò addirittura un’automobile fatta interamente di plastiche derivanti dalla canapa che andava ad olio di canapa. Cosa che avrebbe rovinato del tutto l’industria dell’estrazione petrolifera.
L’Uruguay, trovandosi in Sudamerica, è sempre stato lambito, se non attraversato, dai traffici dei narcotrafficanti, Ma essendo un piccolo paese e di scarsa importanza strategica per i cartelli, riceveva sostanze illegali di scarsa qualità. L’ex Presidente Mujica indagò allora sulle abitudini dei suoi concittadini e così scoprì che l’uso della marijuana, per quanto proibito, era diffusissimo. Oltre il 30% dei giovani di Montevideo consumava marijuana almeno una volta a settimana e nelle carceri c’era un certo affollamento di consumatori e piccoli spacciatori. Si chiese quindi se un’abitudine così diffusa potesse essere proibita ed invitò i parlamentari a studiare i pro ed i contro di una eventuale legalizzazione. Il dibattito è stato lungo ma quindi ben ponderato. Ci fu una prima fase che prevedeva la semplice depenalizzazione. La cosa ebbe subito un effetto positivo, si tolse una buona fetta di mercato ai narcos e si svuotarono le carceri da individui niente affatto pericolosi. Il buon successo della fase 1 diede il coraggio al parlamento di affrontare anche la fase 2, quella della legalizzazione vera e propria con la vendita di marijuana in farmacia. Anche per uso ricreativo. Ora persino la Colombia, paese che da sempre si trova a dover convivere con i traffici di droga, sta pensando, sull’onda dell’esempio uruguayano, di legalizzare l’erba. Il Canada lo farà dal 2018, e molte nazioni hanno chiesto all’Onu di rivedere le posizioni sulla lotta alla droga visto gli scarsi risultati di tutte le altre forme di proibizione. L’Uruguay tra l’altro, al contrario di molti Stati degli Usa che hanno liberalizzato negli ultimi anni, è l’unico che vende l’erba a prezzi estremamente contenuti, perché lo scopo è esclusivamente sociale, mentre negli Stati Uniti molti Stati grazie alla vendita della marijuana hanno anche incrementato gli introiti statati salvando molti bilanci. L’Uruguay può veramente diventare il laboratorio di un nuovo approccio degli Stati nei confronti delle droghe. Tutto quello che si è provato in precedenza ha fallito. Intraprendere una nuova strada non è un’idea così peregrina.
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