Taranto – Uccide la convivente e fugge a Roma

Taranto – Uccide la convivente in un raptus di gelosia. Così, intorno alle 22,30 di ieri, un bracciante romeno di 40 anni si è trasformato, nel giro di una manciata di minuti, nel mostro di Taranto, autore dell’ennesimo uxoricidio della follia. Ricercato nell’interland barese da polizia e carabinieri, la corsa senza sosta dell’ormai reo confesso omicida è arrivata al capolinea qualche ora fa, nei pressi di una nota stazione ferroviaria romana. La vittima, una donna di 46 anni, è stata colta in “flagranza di tradimento” dal giovane marito che, rientrando, l’ha sorpresa in intimi atteggiamenti con l’amante di turno. In preda all’ira l’uomo si è scagliato sulla moglie con una tale violenza da ridurla, quasi subito, in fin di vita. “ Le ho dato solo qualche schiaffo”: queste le dichiarazioni fatte alla polizia romana a poche ore di distanza dalla macabra scoperta. Tra moralisti e detrattori l’episodio pone, ancora una volta, l’accento sulla piaga sociale della violenza per la violenza. Episodi di microrealtà domestiche che sfociano in drammi di inaudita e raccapricciante follia.

Taranto – Uccide la convivente. Ancora una volta il dialogo e il buon senso sono stati incalzati dall’insindacabile verdetto di una violenza che non accetta intermediari all’interno di una privacy domestica assoggettata al potere della gerarchia patriarcale: una forma di orgoglio umano che si fa giustizia da sé, barattando la propria intima dignità con forme di barbarie gratuite. Nel drammatico gioco delle parti fatto di incomprensioni, liti e tradimenti educare al dialogo, al perdono, alla civiltà risulta una sfida ardua, a volte utopica, all’interno di questa piaga umana rosso sangue di estenuanti “ni una mas”. Due vite distrutte; una dalla morte, l’altra dal rimorso e dalla condanna di un sopravvivere che non sarà più vita. Un antico monologo, disumano campanello di allarme di un malessere sociale profondo, come gli abissi di una follia che si ostina a scavare rancore piuttosto che cercare spiragli di luce al di là del tunnel degli umani errori che, dislessicamente, finiscono per trasformarsi, sempre, in macabri e lugubri orrori.

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