L’ottava meraviglia di Federer
Infinito Roger Federer. A quasi 36 anni torna a vincere Wimbledon, conquistando il primato assoluto di titoli nel più antico e prestigioso evento del nostro gioco. Marin Cilic si arrende in finale a un problema fisico e alla superiorità dello svizzero. Crisi senza fine per Djokovic e Murray. Venus Williams non ce la fa, la Muguruza esce alla distanza e si impone nel femminile.
William Renshaw è stato il protagonista degli albori di Wimbledon. Vinse sette titoli negli anni ’80 dell’800, cinque con la formula del Challenge Round (il campione dell’anno precedente disputava una sola partita, la finale contro il vincitore del torneo a eliminazione). Il suo record di successi è rimasto ineguagliato per tutto il Novecento, fino a quando, nel primo anno del nuovo millennio, Pete Sampras riuscì a eguagliarlo. Nel 2001 l’americano tornò a Wimbledon per staccare l’inglese, ma negli ottavi si trovò di fronte un 19enne svizzero con il codino, dotato di un talento purissimo, il suo erede naturale. Il giovanotto lo batté al termine di una partita magnifica e da quel giorno tutti lo ritennero un predestinato.
Sedici anni dopo quel ragazzo è riuscito dove Sampras e tutti coloro che vi hanno provato nell’arco di tredici decenni avevano fallito: domenica 16 luglio 2017 Roger Federer ha alzato al cielo per l’ottava volta la coppa di Wimbledon. È il principale primato stabilito ieri, ma ce ne sono altri, i 19 Slam totali, l’aver vinto il titolo a 14 anni di distanza dal primo, l’essere il più anziano dai tempi di Bill Tilden, 1930, a riuscirvi. Forse però il dato più incredibile è quello dei due Slam conquistati nella stagione dei 36 anni.
Roger Federer ha vinto Wimbledon senza perdere un set e senza aver nemmeno avuto bisogno di esprimere il meglio del suo tennis. Non c’è stata insomma l’epica dei tre cinque set australiani. Roger si è presentato in Church Road da favorito e ha visto tutti i suoi potenziali avversari sciogliersi prima di poterlo affrontare. Raonic lo aveva battuto in cinque set lo scorso anno, nel quarto di questa edizione è stato letteralmente scherzato, mostrando la differenza esistente fra i due in condizioni di buona salute. La partita relativamente più impegnativa è stata la semifinale con Berdych, tre set ma lottati e il ceco, che aveva sfiorato la vittoria nella sfida di Miami, capace di reggere per lunghi tratti il confronto nel gioco. In finale Cilic ha iniziato bene, ha avuto palla break nel quarto game salvo perdere il proprio servizio in quello seguente e arrendersi a una vescica, ma soprattutto alla infinita varietà di soluzioni del suo avversario.
Gli US Open sono la prossima tappa del 2017 del Genio elvetico, anche a New York si presenterà come favorito. Il mondo del tennis applaude incantato e incredulo, si tenta di fornire una spiegazione analitica a questo ruggente ritorno. La principale risiede senz’altro nell’unicità di Roger Federer, nel suo talento, nella serietà con cui vive e si allena, nel suo infinito amore per il gioco. Non si può tralasciare il crollo dei suoi avversari storici, soprattutto quello di Djokovic, che nella sua versione migliore lo fermò tre volte in finale Slam nel 2014-15. Vi è infine l’incapacità delle nuove leve di proporsi ai massimi livelli. Il Federer che vinse Wimbledon nel 2003 aveva l’età che oggi ha Kyrgios, quello che stoppò Sampras nel 2001 era coetaneo di Zverev. I giovani dovranno attendere.
Il gomito per Djokovic, l’anca per Murray. La crisi dei due campioni che si erano fra l’altro equamente divisi gli ultimi quattro Wimbledon prosegue senza soluzione di continuità e lascia aperti preoccupanti scenari anche in chiave US Open e Masters, al quale in caso di prolungata assenza i due rischiano di non qualificarsi. Nole si è arreso all’inizio del secondo set a Berdych, mentre Andy è crollato da due set a uno avanti contro Querrey, proprio colui che battendo Djokovic nell’edizione 2016 aveva aperto la crisi del serbo e lanciato lo scozzese verso un effimero numero 1.
Venus Williams è riuscita a fermare il tempo, ma in finale ha dovuto arrendersi alla giovinezza della Muguruza. L’americana ha avuto due set point sul 5-4 del primo set, ma è stata tradita dal dritto ed è crollata alla distanza, cedendo nove giochi consecutivi. È il secondo Slam della 24enne basca, dopo il Roland Garros dello scorso anno. Garbine avrebbe colpi e personalità tali da poter essere la padrona del circuito, ma sinora ha sempre difettato di continuità. Le va dato atto di aver saputo scegliersi gli eventi nei quali esprimere il meglio del proprio tennis. A New York vedremo se avrà raggiunto la piena maturazione. L’ultimo Slam attende il rientro alla piena efficienza di protagoniste quali Azarenka, Kvitova e Sharapova, mentre Pliskova dovrà legittimare la sua sinora ingiustificata collocazione in vetta alla classifica WTA e Ostapenko dare un seguito alla sua impresa parigina.
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