Sochi: si parte!
Ci siamo, il conto alla rovescia, che per i veri appassionati era iniziato già quattro anni fa, è arrivato agli sgoccioli: domani con la cerimonia di apertura si darà ufficialmente il via ai XXII gliochi olimpici invernali a Sochi, anche se già da stasera inizieranno le prime gare di qualificazione sie per lo snowboard che per il freestyle.
Ebbene come dicevamo il conto alla rovescia, per gli appassionati, come noi, è iniziato proprio quattro anni fa, dopo la deludente olimpiade di Vancouver quando giurammo vendetta per la mediocrità dei risultati. In Canada fummo capaci di portare a casa cinque medaglie, un oro un argento e tre bronzi, davvero pochissimo se consideriamo che a Torino 2006 cinque forono solo gli ori e ancora prima a Salt Lake City 2002 il bottino fu di 4 ori, 4 argenti e 5 bronzi. Il paragone è impetoso e non c’è nemmeno bisogno di tornare retoricamente indietro col tempo a rassegne olimpiche in cui facemmo davvero grandi cose, come a Lillehammer, in cui ottenemmo risultati eccezionali e lo facemmo proprio in casa dei norvegesi, insomma quasi come vincere un mondiale di calcio in Brasile. Le prospettive però, per questa rassegna non solo non sembrano rosee ma anzi potrebbe andare in scena una Vancuover bis, stavolta ambientata sulle rive del Mar Nero. Ad avviso di chi scrive infatti i fasti di Lillehammer non solo sono lontani ma sono addirittura persi. Il momento attraversato dagli sport invernali in Italia è delicato e sembra che per alcune discipline la crisi sia profonda tanto da mettere addirittura in dubbio la nostra semplice partecipazione alle gare di alcune discipline di cui abbiamo fatto la storia, come il bob. Mancano i soldi si dice, lo stato non ha una lira, quindi ci si arrabatta a risparmiare sul peso dei bagagli degli atleti per risparmiare sui biglietti aerei, non si pagano psicologi o esperti di materiali e si raschia il fondo del barile per quattro spiccioli quando lo stesso stato ha speso cento milioni per costruire una pista come quella di Cesana, inaugurata nel 2006 e chiusa poi nel 2011, visto che le perdite di gestione andavano oltre il milione di euro annui. Ma per piacere! Quando i problemi economici diventano cronici poi subentrano nuovi fattori: così quando sei in ritardo sulla ricerca dei materiali, sei in ritardo negli studi sull’aerodinamica e sull’oganizzazzione che sostiene gli sport i risultati tenderanno a latitare aldilà degli sforzi degli atleti in allenamento o della capacità dei tecnici, che spesso sono costretti a muoversi in condizioni ben diverse dalla concorrenza. Sappiamo già che si ripeteranno le interviste, sui mancati risultati, ad atleti in imbarazzo.
Chi scrive non ha mai criticato gli atleti per i risultati visto che è della loro pelle che si tratta (e quando parliamo di un discesista, di un combinatista o uno specialista del salto ovviamente il termine pelle va inteso in senso letterale) e visto che delle persone poco più che adolescenti non possono mai essere considerati responsabili di un fallimento come quello di Vancouver o di quello che si può prevedere ci aspetterà a Sochi. Negli ultimi anni, nelle discipline invernali, abbiamo pianto regolarmente atleti che sono morti in gara e sono ovviamente ancora di più quelli che si ritrovano menomati e in alcuni casi con problemi a condurre una vita normale, come conseguenza del loro impegno; no gli atleti sono solo quelli che ci provano e non hanno responsabilità. I responsabili sono quelli che pur avendo a disposizione i mezzi non intendono metterli a disposizione di quelle passioni e di quei talenti che possono poi, col lavoro e l’esperienza, diventare degli sportivi vincenti.