NBA: aumenta ancora il divario tra Est e Ovest, siamo vicini a una NBA di serie B?
L’ABISSO TRA EST E OVEST – Sebbene sia passato poco meno di un mese dalle Finals che hanno consegnato a Golden State il secondo anello in tre anni e a Durant il primo della carriera, l’attenzione di media e giornalisti è già passata al mercato estivo, quella fase denominata “free-agency“ nella quale i giocatori in scadenza di contratto possono rinegoziare i loro ingaggi e accordarsi con le varie squadre della NBA. In questi giorni non sono mancati i colpi e le sorprese, con un paio di pezzi da novanta che hanno già lasciato le rispettive squadre per provare una nuova avventura. Il trend generale però ci racconta di una NBA più spaccata che mai. Negli anni infatti i team della costa Ovest, più ricchi di città e mercati appetibili come possono essere Los Angeles e San Francisco, tanto per fare due nomi, hanno iniziato ad attrarre sempre più top-player, dando vita a squadre ultra competitive e spogliando l’est di ogni campione che vi sia transitato. Ad oggi l’unico giocatore nella top 10 NBA a essere rimasto a Est è LeBron James, che non a caso ha trascinato ogni singola squadra per la quale abbia giocato negli ultimi 9 anni alle Finals NBA.
NBA DI SERIE A E B – Dopo lo scambio che ha portato Paul George, stella di Indiana, a fare coppia con l’MVP in carica Russell Westbrook ai Thunder, l’Ovest attualmente conta le seguenti superpotenze cestistiche. Golden State conta su Curry, Durant e Thompson, i primi due sono da top 3 NBA, e il terzo è sicuramente tra i primi 20 giocatori di tutta la lega, senza dimenticare Green, da poco premiato difensore dell’anno. Dietro di loro probabilmente ci sono i Rockets di Harden. Con lo scambio che ha portato Paul in Texas, D’Antoni potrà contare su due dei più forti gestori di palla sul Pick & Roll di tutta la lega. Houston potrebbe aver fatto il salto necessario a scavalcare i rivali texani, gli Spurs. Spurs che hanno sempre Leonard (top 5 nba) e stanno cercando di tradare un ex all-star come Aldridge che non ha mai confermato le premesse mostrate a Portland. Dietro gli Spurs al momento ci sono almeno tre squadre che sulla carta possono valere il quarto posto. I Lupi di Minnesota, che con l’innesto di Butler (altro top-player sfilato all’Est) e la crescita esponenziale di Towns si candidano a un secondo turno di playoff. I Thunder dell’MVP e della stella George e i Jazz, che hanno innestato altri giocatori funzionali a uno dei migliori sistemi dell’intera NBA. L’unica squadra che pare aver mollato il colpo a Ovest sono i Clippers, che hanno salutato l’all-star Paul e il cecchino JJ Reddick e hanno ricominciato la ricostruzione dal solo lungo Griffin.
A EST? – In tutto questo, ad oggi, a Est restano LeBron (top 3 NBA con Curry e Durant) e Thomas di Boston, giocatore offensivamente mostruoso ma difensivamente ancora lontano da uno standard minimamente accettabile. Questi due giocatori sono gli unici giocatori di una ipotetica classifica top 20 NBA a essere rimasti a Est. La terza forza, in un deserto di desolazione e perenni ricostruzioni miste a tanking (perdere appositamente per guadagnare scelte migliori ai draft successivi) rischiano di essere i 76ers, imbottiti di prime scelte proprio da anni di tanking sistematico e da un sistema basato dallo scambiare qualsiasi assett considerato non stellare con altre scelte. Phila, infortuni permettendo, potrà mettere sul parquet giocatori del calibro di Fultz, Simmons e Embiid, supportati dal talento di Saric e dal veterano Reddick, alla ricerca di un posto nei playoff che pare tutt’altro che un’utopia. Certo, a Milwaukee tutti hanno la speranza che The Greek Freak, Giannis Antetokuompo confermi quanto di buono fatto vedere negli ultimi anni, diventando finalmente la stella che tutti credono possa diventare. Ma anche dovesse succedere non sposterebbe più di tanto gli equilibri che abbiamo descritto. In questo desolante prospetto, il rischio è quello di assistere a una stagione regolare noiosa e scontata, culminante in un playoff senza storia, nel quale tutti sanno che LeBron e compagni finiranno nuovamente a scontrarsi contro colei che uscirà viva dalla mattanza a Ovest. Qualcosa che l’NBA non si era mai trovata ad affrontare prima e che sicuramente dovrà portare Silver e i proprietari a ripensare un sistema che oggi come oggi appare inadeguato.
E CON LEBRON AI LAKERS? – Insistenti rumors di mercato, poi, danno praticamente per fatto il passaggio di LeBron ai Lakers nel 2018. LeBron, infatti, conscio di essere un marchio commerciale di primissimo piano, vorrebbe continuare la sua vita e i suoi affari proprio a LA, sicuramente più redditizia di Cleveland da quel punto di vista. Tutte le mosse dei gialloviola sono nell’ottica di preparare un dream team nel 2018, portando allo Staples Center LeBron e George (che nonostante il passaggio ai Thunder ha un solo anno di contratto e la volontà di andare a Los Angeles in ogni caso), da affiancare a Ball e alla scelta del prossimo anno. Quindi il rischio sarà quello di ritrovarsi con una NBA ancora più squilibrata di quanto non sia oggi, con tutti i giocatori più forti da un lato e tutti i mediocri dall’altro. Una soluzione potrebbe essere quella di rivedere il sistema di divisione delle conference. Oppure eliminarlo totalmente, passando, dopo la stagione regolare, a due tabelloni da 8 basati unicamente sui risultati della RS. Cosa che, in linea teorica, potrebbe portare anche a una finale tra due squadre della stessa conference. Sicuramente è qualcosa di inedito e fantasioso al momento, ma una situazione così squilibrata non si era mai registrata nella storia dell’NBA.
Le colpe, se di colpe si può parlare, sono da ricercare in diversi fattori. Da un lato la caduta di alcune storiche franchigie dell’Est, come i New York Knicks e i Brooklin Nets, da anni messe ai margini da scelte dirigenziali degne del peggior masochista. Dall’altro la costante ricerca, da parte dei giocatori più forti, di squadre site in mercati economicamente appetibili e l’aggregazione di talenti in cerca di vittorie a scapito della fedeltà verso la franchigia di appartenenza. Insomma, una situazione ingarbugliata e difficile, che rischia di rovinare il gotha della pallacanestro mondiale.
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