Ue, corruzione in Italia agghiacciante
Se fino a una settimana fa si ricordava come il nostro Paese fosse stato condannato dalla Corte europea rispetto alla legge 40, adesso tocca al tema della corruzione nostrana trovarsi al centro dell’attenzione comunitaria. Mancava solamente l’Ue a sollevare polemiche, del tutto fondate, riguardo il nostro già tormentato sistema governativo.
Nel suo primo report sulla corruzione in Europa infatti l’Ue sottolinea quanto l’Italia contribuisca in maniera negativa al problema. Secondo la fonte riportata dall’ente, nel nostro Paese questo reato costa 60 miliardi annui, ovvero la metà dell’Europa intera. Anche se la Corte dei Conti ha dichiarato esagerata questa cifra rimane comunque preoccupante la proporzione rispetto al resto del continente. La causa di questa malsana collaborazione nel diffondere il reato di corruzione è la mancanza di un’incisiva ed efficace legge al riguardo: problema di cui la maggior parte degli italiani ne è consapevole già da un pò, ma che forse, se sottolineato anche dall’Ue, potrebbe cominciare a smuovere maggiormente le coscienze dei nostri cari politici. Le ambiguità nel sistema giudiziario italiano non sono certo poche: dal Lodo Alfano, dichiarato incostituzionale e che rappresentò un unicum nel mondo legislativo europeo, al legittimo impedimento, le leggi ad personam e la prescrizione che, con i suoi tempi e metodi di calcolo, sommati alla lunghezza dei processi, determina l’estinzione di un gran numero di processi. A fronte di tutto questo Bruxelles ha accompagnato l’inquietante lettura del report sulla situazione italiana con dei suggerimenti per perfezionare la sua legge anticorruzione. Adottato nel novembre del 2012 questo provvedimento risulta contenere elementi che danno appunto adito a delle ambiguità; l’Ue ha dunque consigliato di renderlo più chiaro.
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60 miliardi annui, pari a circa il 4% del Pil: a questo ammonta la corruzione, secondo il bilancio steso da Bruxelles. Un bilancio che ci inserisce in una situazione borderline, assolutamente da eliminare o, almeno, mitigare. Oltre dunque a una revisione della legge anticorruzione la Commissione ha richiesto al nostro Paese di rafforzare l’integrità dei politici, spesso coinvolti in scambi di favore reciproci e legami con la criminalità organizzata e di estendere i poteri della Civit (Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche). Quest’istituzione, indipendente dal governo, ha delle funzioni molto delicate da svolgere, ma viene evidenziato quanto poco efficiente sia il suo organico, composto di appena trenta effettivi, per lo più soggetti a frequenti sostituzioni. All’Italia dunque non manca il lavoro da fare, in primis per sé stessa, in secundis per ristabilire credibilità nei confronti di una comunità di cui fa parte e delle quali esigenze deve rispondere, ossia l’Unione europea.