Caso Varani: Il suicidio di Marco Prato
Carcere di Velletri, questa mattina arriva la notizia shock nel processo per la tragica morte di Luca Varani: il suicidio di Marco Prato. Si è tolto la vita la scorsa notte, una morte per asfissia, ha infilato la testa in un sacchetto di plastica e ha respirato il gas contenuto nella bombola che è data in dotazione ai detenuti. Il suo compagno di cella dormiva e non si è accorto di nulla.
Marco Prato e Manuel Foffo, i carnefici responsabili dell’agghiacciante morte di Luca, stordito da un cocktail di farmaci e alcolici e massacrato con un martello e oltre cento coltellate, si trovavano entrambi in carcere. Foffo aveva scelto il rito abbreviato ed era stato già condannato a 30 anni di carcere, Prato diversamente aveva optato per il rito ordinario, domani si sarebbe svolta la prima udienza. Invece, durante il giro di ispezione è stato trovato inerme con un sacchetto di plastica in testa. Il ragazzo, 31 anni, ha lasciato una lettera per spiegare i motivi del suo gesto. Si sarebbe suicidato per «le menzogne dette» su di lui e per la troppa «attenzione mediatica» subita, si dichiarava innocente.
La probabilità che il ragazzo avesse già tentato il suicidio è circostanza certa, che risale a poche ore dopo il terribile delitto, nella stanza d’albergo dove Marco si era rifugiato poco prima dell’arresto, infatti furono trovati dei biglietti d’addio indirizzati ai suoi genitori. «Chiedo scusa a tutte le persone a cui ho fatto qualcosa. Vi scrivo mentre me ne sto andando». Perché allora su un soggetto con un’inclinazione al suicidio già manifesta, non si sono posti i doverosi controlli del caso? Il suicidio di Marco Prato, al di là dei commenti inevitabili che porta con sé legati all’incomprensibile massacro del giovane Luca, alimenta senza dubbio la polemica sul macabro dato in crescita dei suicidi nelle carceri. Dal 2000 ad oggi sono quasi mille i detenuti “morti di carcere“, solo dall’inizio del 2017 si sono tolte la vita 23 persone. I metodi si ripetono ad orologio: impiccamento, avvelenamento, caduta di scale, asfissia per gas.
Come sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità “tutti i detenuti sono da considerarsi soggetti a rischio”, bisogna prevenire e annientare tutte le situazioni che possono costituire pericolo o agevolare il disegno fatale dei carcerati.
La via più breve non realizza soddisfazione, neanche allo spettatore più agguerrito che ne incita la morte per il male commesso, la pena va applicata ed è necessario assicurarsi che venga scontata, difatti mai nessuna morte potrà restituire una vita.
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