Playboy, in copertina sette Playmate di 30 anni fa

Il noto magazine statunitense Playboy ripropone in copertina sette Playmate di 30 anni fa per dimostrare che la bellezza di una donna va al di là del tempo e dello spazio. Hugh Hefner, il Founder di Playboy, è anche l’ideatore di un certo motto: «Una volta playmate, per sempre playmate». Le sette Playmate, ossia le modelle di Playboy, oggi infatti sono tornate alla ribalta sulle stesse, identiche copertine di trent’anni fa. Le Playmate che si sono lasciate immortalare in questi scatti fotografici sono: Candace Collins (copertina del 1979), Monique St. Pierre (copertina del 1979), Cathy St. George (copertina del 1981), Charlotte Kemp (copertina del 1983), Kimberley Conrad Hefner (copertina del 1988), Renee Tenison (copertina del 1990) e, infine, Lisa Matthews (copertina del 1991).

In copertina sette Playmate di 30 anni fa: la bellezza non ha età

Playboy, in copertina sette Playmate di 30 anni fa

Secondo il The Independent, ricreando alla perfezione le stesse copertine iconiche, si prova infatti che “beauty is ageless, sex appeal is timeless and exuberance is eternal”, ossia: “la bellezza non ha età, il sex appeal è senza tempo e l’esuberanza è eterna”. Nonostante siano trascorsi trent’anni, i cambiamenti su queste donne sono stati minimi: è incredibile infatti constatare quanto poco loro siano state sfiorate dal trascorrere del tempo, e con che orgoglio mostrino il loro volto e il loro fisico oggi. Renee Tenison, la prima Playmate afro-americana della storia di Playboy, in un’intervista disse: «All’epoca, quando decisi di posare per Playboy, ci fu una controversia perché ero la prima Playmate of the Year afro-americana e alcune donne iniziavano a dire che ero diventata un oggetto. Ma io risposi che come era un loro diritto essere contrarie, allo stesso modo era un mio sacrosanto diritto essere a favore. Se voglio posare nuda, devo poter essere libera di farlo. Io la vedo come arte. Per me è arte. Non tutti la vedono così, ma è come la vedo io».

Comunque sia, quando si parla di Playboy, si corre il rischio di parlare di mercificazione della donna in quanto mera “icona sexy”, del suo apparire soltanto come donna “bella senz’anima”. Questa ricerca disperata di restare sempre giovani e belle può diventare un’ossessione? Questo inseguire la bellezza può trasformarsi in schiavitù?

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