Il disastro del ricollocamento migranti nell’UE
Lo scorso 18 maggio è stata votata dal Parlamento Europeo una risoluzione sul ricollocamento migranti all’interno degli stati membri, un provvedimento passato alacremente sotto il setaccio dell’informazione fornita dai grandi media.
Ciò avviene perchè viviamo in una stagione dominata dall’unidirezionalità di pensiero, pensiero che nella fattispecie viene incanalato nell’accoglienza sfrenata, a ogni costo, anche scavalcando norme precettive di diritto interno e internazionale. Sembrano parole difficili e prive di senso, ma verranno chiarite tra poco. Siate pazienti.
Dati sul ricollocamento migranti
Dicevamo che il Parlamento UE, riunito a Strasburgo, ha tirato le somme riguardo al grande piano di ricollocamento dei richiedenti asilo fissato nel settembre di due anni fa: questo mirava al ricollocamento in altri stati membri (esclusa la Germania) di 160000 (160mila) richiedenti asilo dall’Italia e dalla Grecia. In particolare era previsto che 54000 di questi posti dovessero essere riservati all’accoglienza di rifugiati siriani provenienti dalla Turchia.
I risultati? Gli obblighi rispettati equivalgono in percentuale ad appena l’11% delle promesse fatte. Le cifre: al 27 aprile sono stati ricollocati soltanto 17 903 richiedenti asilo, 12 490 dei quali dalla Grecia e 5 413 dall’Italia, un vero e proprio fallimento.
Incredibili i dati più recenti per quanto riguarda i minori non accompagnati: a fronte della richiesta di 5000 posti per minori presenti in Italia, uno solo tra questi è stato ricollocato. Quello dei MISNA è un tema già affrontato più volte su Lineadiretta24 (per approfondimenti qui e qui)
A margine di queste considerazioni il Parlamento si è espresso in questi termini:
- rammarico per gli insuccessi raccolti dal piano ricollocamento
- esortazione agli stati membri di adempiere i propri obblighi con il Consiglio e accettare il ricollocamento di richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia, anche se giunti dopo il 20 marzo 2016 (ndr, i ricollocamenti dalla Grecia sono consentiti solo per i richiedenti asilo giunti nel paese ellenico entro il 20 marzo 2016)
- compiacimento dell’annuncio da parte della Commissione Ue di future procedure d’infrazione
Tutte conclusioni sostanzialmente inutili.
Vedremo se davvero a giugno Juncker si muoverà per applicare queste sanzioni a stati come la Slovacchia e Ungheria (al momento impegnate davanti alla Corte di Giustizia Ue sul tema). Una cosa è sicura: a fronte di un sistema europeo che sta fallendo sotto molteplici profili (economico, sociale e in ultimo su quello migratorio), l’opinione pubblica chiede più Europa. Un’assurdità.
Questa è però solo la punta di un enorme e ben celato iceberg. Qui di seguito proveremo a dimostrare come quello che è ovunque dipinto come mero “salvataggio di esseri umani” possa in realtà leggersi come:
- una precisa scelta politica ben incastonata all’interno delle strategie occupazionali
- un aggiramento di alcuni principi fondamentali sanciti dalla nostra carta costituzionale
- un aggiramento dello jus cogens del diritto internazionale
Qualche cifra sul fenomeno immigrazione:
Prima di addentrarci nel discorso è necessario riportare qualche dato sul fenomeno immigrazione: dal 2014 a oggi il nostro paese ha vissuto un incredibile acutizzazione del fenomeno: nel triennio 2014-2016, quello in cui hanno operato nel Mediterraneo le operazioni Mare Nostrum (partita nel 2013) e (poi) Triton, sono sbarcati sulle nostre coste 505mila immigrati, esclusi quelli giunti nel nostro paese attraverso confini terrestri (ne parleremo). Scorporando il dato scopriamo che il trend dal 2013 a oggi è in costante aumento, nonostante le smentite di rito offerte dalle diverse organizzazioni umanitarie. Pensate che se nel 2016 gli sbarchi sono stati 181mila, gli ultimi dati del 2017 raccontano di 60mila unità sbarcate sulle nostre coste.
Pronti per il “viaggio”? Cerchiamo di capire qualcosa in più del fenomeno immigrazione prendendo spunto dalle parole pronunciate a Palazzo Madama dall’onorevole Arrigoni lo scorso 22 marzo.
ONG: quello che non vogliono dirvi:
Arrigoni ipotizza una stretta connessione tra l’aumento degli sbarchi e l’entrata in gioco di numerose ONG private. Queste iniziano a operare nelle acque del Mediterraneo nel settembre 2016, per più di metà hanno sede in Germania (il totale ammonta a circa una dozzina di organizzazioni) e per intenderci, sono le stesse che hanno scatenato il polverone Zuccaro nelle scorse settimane.
La stessa Frontex (agenzia europea della guardia costiera e di frontiera) lo scorso aprile pubblica un rapporto nel quale viene rimarcata l’evoluzione del comportamento degli scafisti negli ultimi anni. Se nel 2012 le imbarcazioni piene di profughi arrivavano a Lampedusa, nel 2014 queste si fermavano a metà strada, mentre addirittura da un paio di anni a oggi si sta verificando uno strano fenomeno già rilevato dall’ottimo Luca Donadel: gli scafisti non mettono neanche “piede” in acque internazionali, semplicemente si limitano ad avventurarsi al largo della costa libica, ma entro le acque territoriali (12 miglia nautiche).
Avete capito? In caso contrario vi invito a soffermarvi sull’immagine qui riportata, ripresa dallo stesso rapporto Frontex:
Il diritto del mare inoltre, vorrebbe che le persone tratte “in salvo” fossero portate nei porti più vicini, che in questa precisa fattispecie sarebbero quelli situati in Tunisia e a Malta. Come mai questi “angeli del mare” proseguono imperterriti il loro viaggio fino alla Sicilia? E poi consentitemi un osservazione: lo stato, secondo il diritto internazionale generalmente riconosciuto, ha piena sovranità in materia di controllo delle frontiere e di ammissione di cittadini stranieri, a patto che la propria legislazione non comprima la sfera dei diritti umani riconosciuti a ogni essere umano, qualunque sia la nazionalità di questo. E’ sinceramente oltraggiosa e offensiva per l’Italia la decisione di sospendere (per mano del governo) l’accoglienza sulle coste siciliane in occasione del G7 di Taormina della scorsa settimana.
Tornando al report, Frontex non connette esplicitamente questo fenomeno all’esplosione del fenomeno ONG (capaci, da gennaio ad aprile 2017, di coprire il 50% dei soccorsi in mare), piuttosto non rifiuta acriticamente la possibilità di avviare indagini sul loro operato, dato che, secondo fonti di intelligence e testimonianze fornite da immigrati, queste interverrebbero, nel 90% dei casi, non in seguito a segnalazioni della guardia costiera ma dei trafficanti stessi (o comunque dai telefoni satellitari a bordo delle imbarcazioni di fortuna).
Gli scafisti, secondo Arrigoni, hanno compreso il rischio del mestiere e consci “dell’aiuto” oggi fornito da tali ONG, nella gran parte dei casi non si imbarcano più, affidando alle vittime di questa vergognosa tratta di esseri umani non solo imbarcazioni sempre più precarie, ma lo stesso timone, dotandoli di bussola e cellulari e lasciandoli al proprio destino.
Arrigoni prosegue ragionando sui dati legati alle morti nel Mediterraneo: «Do alcuni dati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dal 1990 al 2012 (ossia in un arco di ventitré anni) sono state registrate 2.711 morti nel Mediterraneo. Nel 2013 il numero è stato pari a 477 (comprese le 388 morti nella strage di Lampedusa del 3 ottobre). Dopo l’operazione Mare nostrum il numero delle morti si è innalzato: nel 2014 è stato pari a 3.270, nel 2015 a 3.771 e lo scorso anno a oltre 5.000. Nei primi due mesi del corrente anno [2017 ndr] i morti sono già oltre 500.» L‘autore non intende connettere direttamente questa tragedia storica all’attività delle ONG, ma neanche sottrarsi a priori a ogni ipotesi di connessione tra i due fenomeni.
Il senatore della Repubblica Italiana offre inoltre un altro dato, fondamentale: per farla breve, l’80% delle persone che arrivano nel nostro paese, in un medio periodo di 3-4 anni, non ha diritto neanche alla protezione internazionale. Si tratta di migranti economici. Per questi, come per chi ha ricevuto lo status di rifugiato, lo stato italiano ha tirato fuori dalle proprie casse 4 miliardi di euro nel 2016. I contributi a questa spesa da parte dell’Unione Europea? 112 milioni di euro.
4 miliardi ovviamente da considerare come spesa in pareggio di bilancio: già, quell’assurda regola europea che dal 2012 a oggi, in quanto inserita all’art.81 della nostra costituzione, rende proibitivi gli investimenti pubblici costringendo lo stato italiano a pareggiare le entrate con le uscite. Questo significa che a fronte di questa spesa, seppur rappresentante “solo” lo 0,2 % del nostro PIL, andranno tagliati altri servizi o applicate nuove imposte.
Abbiamo appena visto che queste famose ONG hanno sede legale in paesi del Nord-Europa quali la Germania o l’Olanda: paradossalmente gli stati che, almeno stando ai dati economici, se la passano meglio nell’eurozona. Lo stato italiano, ai tempi della missione “Mare Nostrum” spendeva circa 9,5 milioni di euro al mese; per quanto riguarda la “triton” l’esborso era pari a circa 2,5 milioni al mese, una cifra comunque cospicua. Armare una nave, potersi permettere numerosi viaggi da una parte all’altra del Mediterraneo, pagare il personale di bordo e anche quello portuale per la fase di attracco significa tirare fuori tanti quattrini, come d’altronde dimostrato dai dati appena esposti.
dato il minimo contributo fornito dall’UE, chi sta in questo momento fornendo risorse a queste organizzazioni private? Ma soprattutto, con quali scopi queste si lanciano verso la Libia ogni settimana? Certamente non si tratta di comuni cittadini, ma di soggetti privati con larghe disponibilità economiche date le spese da affrontare per portare avanti operazioni di questo tipo.
Salvano vite, direte voi.
Dove il migrante arriva:
L’Italia nel 2015 registra un tasso di povertà assoluto (indice basato sulla disponibilità di beni essenziali per la vita e la sopravvivenza) pari al 7,6% della popolazione. Questo significa che in quell’anno (trend in crescita rispetto all’anno precedente) quattro milioni e cinquecentonovantottomila italiani vivevano sotto la soglia di povertà assoluta (quella relativa è invece impostata sul reddito). Questa situazione è causata da un taglio agli investimenti pubblici fortemente voluto da scellerate politiche europee di austerity, condite dall’aggancio del nostro sistema economico a un cambio fisso (quello imposto dall’€) che ci obbliga a tagliare il costo del lavoro (tutele, salari e pensioni) al fine di migliorare quelle esportazioni che poi sarebbero il vero obiettivo previsto dai trattati europei. Una sfrenata competitività tra stati e non una cooperazione per la promozione dei diritti sociali dei cittadini europei.
E perchè viene trasportato in Italia
Ora, data questa condizione, qualora la risposta al dubbio sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo sia da voi liquidata con un “salvano vite” alla Roberto Saviano, mi verrebbe da chiedervi: le vite degli italiani contano di meno? Non scambiate l’autore per un Salvini qualunque. Abbiamo appena accennato alla condizione di numerosi cittadini italiani (milioni), assai migliore di quella sofferta da cittadini (comunitari) bulgari o rumeni: è lecito domandarsi perché certe organizzazioni non sfoghino la loro vena compassionevole in un continente dove aumentano spropositamente il numero dei poveri e le disuguaglianze. Perchè queste ONG, tutte aventi sede legale in paesi Nord-Europei, si preoccupano di trasportare masse di immigrati economici in un paese già vicino al punto di non ritorno? Come mai gli investitori, solitamente mossi dalla sfrenata ricerca del profitto, si rendono protagonisti di mere operazioni caritatevoli? La risposta potrebbe essere accostabile allo svisceramento di garanzie e tutele sociali che la nostra nazione sta subendo: un’altra crisi, quella (im)migratoria, utile per assestare un altro bel colpo alla già vessata incudine del tessuto sociale italiano. La nostra Costituzione nasce dalle ceneri provocate da scellerate politiche liberiste di inizio novecento, capaci di rimuovere ogni ostacolo statale alla libera e sfrenata circolazione dei capitali. Questa è una lezione i nostri padri costituenti avevano appreso molto bene. Anche in questo caso si va verso nuove cessioni di sovranità (mentre la nostra carta consente soltanto limitazioni, atto reversibile al contrario di una cessione) in nome di nuove regole per il mercato del lavoro imposte da Bruxelles. Regole congeniali soltanto ai mercati e al grande capitale. Iniettare larghe dosi (perchè di questo si tratta e chi è intelligente capirà) di esseri umani disposti ad accettare un reddito al di sotto della soglia socialmente accettata, comporterà inevitabilmente un aspro conflitto sociale in un contesto nel quale la popolazione autoctona è sempre più povera (ricordate il trend). Ma soprattutto comporterà un riequilibrio al ribasso delle tutele che lo stato dovrebbe garantire per un’ esistenza dignitosa del cittadino. Questo gioverà esclusivamente a chi necessita di un abbattimento dei costi del lavoro, una ristretta oligarchia sempre più affamata di profitto.
Sicuramente molte domande vi baleneranno per la testa, vi starete chiedendo quale gradiente di xenofobia sia contenuto in un ragionamento simile. Vi chiedo solo una settimana di pazienza: approfondiremo, sempre su Lineadiretta24, lo stretto legame che collega la protezione delle frontiere con il diritto alla piena occupazione. Osservando il fenomeno dell’immigrazione sotto una diversa prospettiva, accuratamente occultata dai massmedia.
Si dice migrante! ah no…
Avete ragione, ho dimenticato di illustrarvi la mia avversità per il termine “migrante”: perchè è scomparsa la parola immigrato (seppur ancora contenuta nello zanichelli)? Semplicemente perchè usare questo termine costringerebbe, inconsciamente, l’ascoltatore a interrogarsi circa lo stato di provenienza di chi sbarca all’interno dei nostri confini: per poi magari arrivare a scoprire che tra quella che è la top 5 dei paesi di provenienza (Nigeria, Pakistan, Gambia, Senegal e Costa d’Avorio), nessuno presenta un’idonea soglia percentuale per il riconoscimento della protezione internazionale (l’Unione Europea ha fissato questo parametro al 75%, rappresentante la media del riconoscimento conferito a persone provenienti da una stessa nazione). Pensate che la più alta soglia è riconosciuta al Pakistan e si attesta a un misero 23%. Hanno paura che l’opinione pubblica comprenda il commercio di nuovi schiavi in atto.
E allora perchè non conferire a questa informe, omogenea e univoca massa di nuovi schiavi l’appellativo di migrante? un termine neutro, globalizzato, sovranazionale e ad alta carica simbolica di “profughi” e “disperati” meritevoli di un’accoglienza nociva sia per noi che per loro. Un termine capace di farci credere che milioni di persone e-migrino (“emigrare da”) altre nazioni per fenomeni naturali e inevitabili. Purtroppo per loro non siamo tutti Cecilia Strada.
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