La storia di Mourinho e della Coppa che non voleva
Eppure la sua fama era iniziata così: il 21 maggio 2003 Mourinho conquista l’Europa, la vecchia nostalgica Coppa Uefa. Al Ramon Sanchez Pizjuan di Siviglia il Porto dello Special One vinse 3-2 ai supplementari, con gol decisivo di Derlei, contro il Celtic allenato da Martin O’Neill. Il primo trofeo non si scorda mai, come il primo amore, ma Mourinho, poi, l’ha snobbata quella competizione. Sì, perché si è innamorato di un’altra coppa, anch’essa europea, ma di maggior prestigio: la Champions League. Ed è bastato poco tempo che la loro storia iniziasse. Infatti, passa solo un anno e il Porto arriva in finale di Champions. A Gelsenkirchen, il 26 maggio 2004, i portoghesi annientano il Monaco di Deschamps 3-0 e Mourinho conquista l’Europa, di nuovo, ma questa volta quella più prestigiosa.
MOU E L’OSSESSIONE CHAMPIONS
Così Mourinho, da quell’anno in poi, giocò soltanto l’Europa più prestigiosa. Ripetere quel successo del 2004 diventa un’ossessione. Più volte ci va vicino. Raggiunge due semifinali con il Chelsea, una nel 2005 e una nel 2007. Ma tutte e due le volte viene eliminato dai Reds. Sono i due anni che la finale fu tra Milan e Liverpool. Poi con il passaggio all’Inter, nella oramai famosa stagione del triplete 2009/10, finalmente riagguanta la finale. A Madrid contro il Bayern Monaco, i nerazzurri s’impongono per 2-0: Mourinho conquista l’Europa, per la terza volta.
A questo punto approda al club ossessionato dalla Champions come lui: il Real Madrid. I blancos inseguono quel traguardo della decima e scelgono Mourinho per realizzarlo. Chi meglio di lui appena vincitore della Coppa? Nessuno. Eppure gli anni al Real sono maledetti. In tutte e tre le stagioni Mourinho sbatte contro l’ostacolo delle semifinali: nel 2010/11 con il Barcellona,nel 2011/12 con il Bayern Monaco, nel 2012/13 con il Borussia Dortmund. La relazione con le merengues si chiuderà qui e il destino vorrà che, l’anno seguente, il Real Madrid, guidato da Ancelotti, raggiungerà la decima.
MOU E LA ROTTURA
Mou, intanto, è tornato agli albori, è tornato a Londra, è tornato al Chelsea. Ma ancora le semifinali, quell’anno, si metteranno fra lui e la Coppa: l’ostacolo si chiama Atletico Madrid. Ed è in questa stagione che lo Special One dichiara parole, non proprio d’amore, verso l’Europa League. Il 16 luglio 2013 dichiara in una conferenza stampa: “Io non voglio vincere l’Europa League. Sarebbe una grande delusione per me” – e poi continua rincarando la dose – “Non voglio che i miei giocatori pensino che l’Europa League sia la nostra competizione. La Champions League è l’unica competizione europea che dobbiamo giocare e in cui dobbiamo dare il nostro meglio”. Poi, il 28 marzo 2014 ritorna sull’argomento e dichiara: “Lo scorso anno il Chelsea non ha fatto una buona stagione. Hanno avuto problemi a qualificarsi in Champions League e si sono ritrovati a giocare l’Europa League con una squadra costruita per altri obiettivi” – continuando – “Sono contrario alla retrocessione dei club dalla Champions all’Europa League perché i club che giocano in quest’ultima competizione sono penalizzati. In Europa League ci sono club da Champions League come Juventus, Porto e Benfica”. Che si sia dimenticato del primo amore?
MOU E LA RICONCILIAZIONE
Questa sera alla Friends Arena di Stoccolma Mourinho ha avuto la possibilità di riconciliarsi con la Coppa da lui snobbata. E l’ha fatto alla perfezione. Quando gioca una finale, non la perde mai. Così è stato anche questa volta. Nulla da fare per i ragazzini terribili di Bosz, nulla da fare per i lancieri che speravano di tornare in alto in Europa dopo circa vent’anni. Davanti a loro c’è veramente un ostacolo insormontabile: José Mourinho. Lo Special One, quando assapora l’atmosfera di una finale, diventa infallibile. L’uomo da Setubal prepara nei minimi dettagli la partita. L’impostazione è tenere la squadra corta senza lasciare spazi aperti all’Ajax e, soprattutto, raddoppiare ogni volta che un lanciere tenta il dribbling, cosa che succede molto spesso. L’attenzione tattica è maniacale, soprattutto quella della fase difensiva: l’Ajax non ha fatto un tiro in porta, Dolberg e Younes annullati. La classica partita di Mourinho, molto coperto, attento e pronto a pungere quando l’avversario commette un errore. Ci pensano prima Pogba, con un po’ di fortuna, e Mkhitaryan. In sostanza, il Manchester United ha tenuto sempre in controllo il match senza mai dare l’impressione di andare in difficoltà. Finale quasi mai in discussione. E finalmente il glorioso United può riempire quel vuoto in bacheca: mai nella sua storia aveva raggiunto questo trofeo.
Se proprio, prima o poi, Mourinho doveva riconciliarsi con questa Coppa, meglio non poteva farlo, in questa stagione con questa squadra. Porta a casa tre trofei, la Community Shield, la League Cup e l’Europa League, confezionando, parole sue, un piccolo triplete. Insomma, Mourinho conquista l’Europa per la quarta volta, ma questa si tratta di un’Europa speciale, si tratta della riconquista del suo primo amore.
Twitter: @Francesco Nespoli