Allarme mucca pazza. La Spezia – Allarme BSE (encefalopatia spongiforme bovina), meglio conosciuta come sindrome della mucca pazza. Stavolta non si è trattato del classico spettacolo comico per bambini organizzato dalla compagnia “La mucca pazza” del quartiere Migliarina di Viareggio; ma, a segnalare il pericolo BSE è stato, invece, intorno alle 19,00 di ieri, l’Ufficio Dogane del Porto di La Spezia che, attraverso la collaborazione del Nas dei carabinieri di Genova, ha rinvenuto e sequestrato un carico di circa 9000 tonnellate di proteine animali “trasformate”; confezionate e dichiarate come mangimi composti e concimi organici.
Prontezza e competenza da parte delle autorità preposte ai controlli dei traffici doganali che, anche grazie all’avanguardia di un team medico specializzato in “sindrome BSE”, ha scongiurato l’imminente tragedia.

 

Allarme mucca pazza. La Spezia testa la mucca pazza. Il caso ha voluto che questo increscioso episodio avesse luogo proprio a La Spezia scenario, nel 2014, di una importante rivoluzione in campo scientifico.
L’ equipe medica dell’Università di Verona, che vedeva in prima linea la giovane ricercatrice spezzina Matilde Bongianni, mise a punto il primo test al mondo in grado di diagnosticare la “sindrome della mucca pazza”. Con l’ausilio dello staff di ricercatori americani del National Institute of Health si riuscì, attraverso l’analisi di un campione di urina, ad individuare i prioni, ossia le proteine alterate responsabili della sindrome da BSE. In Italia i casi accertati di morte causati dal morbo della mucca pazza sono 2.107 e, tra le regioni più colpite,  l’Umbria e la Val d’Aosta sono, rispettivamente, al primo e al secondo posto. I primi casi di “malattia da prioni” si registrarono in Gran Bretagna, nel 1986; sotto accusa la “sorveglianza passiva” dei bovini, che venivano allevati con farine animali prodotte dall’incerenimento di carcasse e di altri scarti da macellazione. Una malattia degenerativa la BSE che, fino ad oggi, non offriva alcuna possibilità di scampo a chi, disgraziatamente, la incontrava sul suo cammino. Oggi il test in vitro, antidoto a questa orrenda malattia degenerativa risulta, tuttavia, impotente di fronte all’imperante età del malessere della disumanità, che non si arresta neanche di fronte alla sacralità del diritto alla vita.

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