Snapchat crolla in Borsa. E se il problema fosse proprio l’app?
Snapchat crolla in Borsa: perde oltre il 20%. L’andazzo negativo si era palesato già mercoledì in afterhours a Wall Street. Sebbene i ricavi siano passati da 38,8 a 149,6 milioni di dollari, ci sono stati ben 2,2 miliardi di perdite: più di 10 volte il fatturato stesso. Una delle cause è stato il sistema di compensazioni ai dipendenti sotto forma di azioni, pratica sempre più nel mirino del mercato e largamente usata nelle società hi-tech.
Nel trimestre Snapchat ha conquistato 8 nuovi milioni di utenti, diventando 166 milioni. Tuttavia Facebook ne ha catturati 100 milioni al mese negli ultimi quattro mesi e in maniera ben più efficace, facendo leva su tutti i propri asset, WhatsApp e Instagram innanzitutto, che hanno rilasciato funzioni analoghe a quelle di Snapchat. Ulteriore perdita legata alle scommesse hi-tech di Evan Siegel. Dal debutto sul mercato USA di sei mesi fa, gli occhiali Spectacle hanno generato un fatturato complessivo di 12,5 milioni di dollari ma che, diviso per il costo di 130 dollari, porta a circa 96 mila unità: lo 0,05% dei 166 milioni di utenti. Non ancora sul commercio in molti Paesi, tuttavia si stanno già dimostrando un flop; infatti i post quotidiani creati tramite il loro utilizzo sono pari ad appena lo 0,1% del totale dei 3 miliardi. E ancora costi di storage per i caricamenti, altri per il continuo upgrade di server e le spese in ricerche e sviluppo. La società, che finora ha puntato alla piattaforma iOS dal momento che la maggior parte dei propri utenti utilizza un iPhone, provvederà presto a dialogare anche con Android, piattaforma che a livello globale ha oltre l’80%del mercato.
Questi dati, e le mosse deludenti, hanno fatto sorgere molti dubbi circa lo stesso modello di business della società, che si definisce “azienda di fotografia” piuttosto che una piattaforma di messaggistica. Eppure lega il suo fatturato alla pubblicità. Un punto critico è la stessa funzionalità di Snapchat: un’app per smartphone tipicamente basata su foto e video scambiati tra utenti e destinati ad autocancellarsi subito dopo essere stati visti. L’aleatorietà dei caricamenti ha incentivato comportamenti al limite del lecito che scoraggiano gli inserzionisti a legare la propria immagine a tali contenuti. Snapchat basa infatti i ricavi su inserzioni pubblicitarie video che compaiono a intervalli tra le “storie” postate dagli utenti, oppure su una percentuale del 30% dei ricavi raccolti da partner media.
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