In Aula si torna a discutere della legge taglia stipendi per ridurre i costi della politica italiana, dimezzando gli stipendi dei parlamentari. Proposta dal Movimento 5 stelle, lo scorso ottobre aveva suscitato non poche polemiche, soprattutto in virtù del rinvio in Commissione che ne era derivato.

Ad oggi infatti i deputati italiani percepiscono un’indennità di 5.000 euro mensili al netto delle imposte (l’importo lordo è di 10.435,00 euro), che diventa di 4.750 euro per i parlamentari che svolgono un altro lavoro. A questo denaro si somma la ‘diaria’, una sorta di rimborso spese per il soggiorno nella capitale che viene emesso mensilmente per un totale di 3.503,11 euro; somma, questa, che può subire riduzioni in caso di assenze, al contrario di quanto avviene per l’indennità, che continua ad essere percepita anche in tal caso. Parliamo di 206,58 euro decurtati dalla diaria per ogni assenza durante le sedute dell’Assemblea in cui è previsto il voto elettronico, tenendo presente che un deputato è ritenuto presente se partecipe al 30% delle votazioni svolte durante la giornata. Ma non finisce qui perché alla diaria e all’indennità si aggiunge un ulteriore rimborso “per l’esercizio del mandato” (collaboratori) per un totale di 3.690 euro al mese. E poi ci sono le spese di trasporti che permettono al deputato di ricevere un rimborso trimestrale che va dai 3.323,70 euro ai 3.995,10 euro, le spese telefoniche per cui dispongono di 3.098,74 euro annui. Last but not least l’assegno di fine mandato, pari all’80 per cento dell’indennità (per ogni anno di mandato). Ovviamente queste somme riguardano un solo deputato.

La legge taglia stipendi prevede invece di fissare un massimo di 5.000 euro lordi per l’indennità mensile (al netto sarà quindi circa 2.500); di accorpare la diaria al rimborso delle spese di viaggio, fissando un limite di 3.500 euro mensili, per il cui utilizzo sarà necessaria una carta di credito studiata ad hoc, nonché la pubblicazione delle spese sostenute sul sito internet della Camera. Rimarrebbe invece inalterata la somma percepita per l’esercizio del mandato (3.690 euro). Infine, per l’assegno di fine mandato il M5S chiede un adeguamento al trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti. Ma i politici italiani riusciranno a svecchiarsi, diventando finalmente dei comuni mortali (o quasi)?

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