ElectroDUX e il crumiraggio polacco
In un vecchio articolo Naomi Klein raccontava come, ormai più di dieci anni fa, la globalizzazione avesse permesso a una multinazionale scandinava di ricattare il proprio governo di origine minacciando di spostare gli impianti produttivi.
Il processo era già iniziato da anni ma quella fu la prima volta in cui il gioco si svolse a carte scoperte, finché il primo Ministro ammise sconsolato che la Svezia aveva molto più bisogno di quella multinazionale piuttosto che il contrario. La globalizzazione neoliberista aveva cambiato una volta per tutte i rapporti di forza e, al termine di un processo di deregolamentazione iniziato ancora vent’anni prima, il capitale internazionale poteva rivendicare sui media la propria supremazia sulle rappresentanze democratiche, in quanto il nuovo assetto di potere era stato accettato di fatto dai suoi stessi, teorici, avversari. Oggi l’aneddoto baltico fa poco scalpore in quanto la nuova forma della dialettica capitale-lavoro è ormai paradigma dominante, totalitario direbbe Fusaro. Questa nuova dialettica in continua evoluzione, dalla nuvola bizantina dei prolungati raggiri di Marchionne per culminare con l’Elettrolux, va assumendo la forma specifica del monologo mafioso, quello in cui il più forte dispone della tua vita e ti ricatta minacciandola. L’arma è sempre la chiusura della fabbrica e la delocalizzazione, la differenza è che Elettrolux col Governo manco ci parla, tra l’altro Zanonato era distratto nemmeno fosse affar suo, e agita lo spettro del crumiraggio polacco, indicando in altri lavoratori il subdolo nemico. L’operazione culturale è ignobile, aizza la guerra tra poveri e l’odio tra popoli europei, oltre che inutilmente provocatoria visto che non c’è nessuna solidarietà operaia o sindacale da fiaccare, tantomeno a livello internazionale. Un semplice atto di forza e di arroganza, per affermare il nuovo paradigma di linguaggio della crisi.
L’operazione economica invece è addirittura criminale: proporre a un operaio che lavora in fabbrica di passare da 1400 euro a 800 euro, significa condannare la sua famiglia allo stato di necessità e di sopravvivenza. La ragione banale è che il livello dei prezzi in Italia non è quello della Polonia, per esserlo dovremmo avere una crisi deflattiva senza precedenti, distruggendo definitivamente il mercato interno e l’industria nazionale. La chiamano meridionalizzazione, un termine nemmeno troppo gentile per descrivere la lenta discesa verso il terzo mondo, quell’economia in cui l’operaio non ha abbastanza denaro per acquistare i prodotti di largo consumo che produce.
Dopo che soltanto una settimana fa Serracchiani aveva chiesto le dimissioni di Zanonato, oggi la governatrice si ritiene soddisfatta dell’apertura del tavolo, un tavolo in cui si comincerà a negoziare a partire dal ricatto di Electrolux, implicitamente legittimato, già effettivo come impianto generale della vertenza. Electrolux, ancora gli svedesi, aprono per primi una nuova fase in cui ci verrà spiegato che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità pretendendo di vivere da polacchi, ci proporranno allora prima il modello di competitività cinese, poi nordcoreano.
Se questo è il futuro del capitalismo, la battaglia di Electrolux è tutte le battaglie e, da oggi, ogni lotta è un’unica lotta. Anche perché poi, altrimenti, chi le compra le lavatrici?
di Daniele Trovato