Morto un ambulante durante blitz dei Vigili
Ieri mattina un ambulante è morto durante una retata dei Vigili. Siamo a Roma, nella centralissima zona dell’Isola Tiberina a pochi passi dal quartiere Trastevere. Come sempre più spesso accade, sul posto si trova il reparto “Sicurezza pubblica ed Emergenziale” della Polizia Locale di Roma. Lo scopo non è quello di organizzare il traffico caotico della zona in un’ora di punta. “L’emergenza” è rappresentata dai venditori ambulanti. Un gruppo di lavoratori di origine africana viene raggiunto dai vigili a piedi e in moto. Come è naturale che sia i venditori si danno alla fuga e non perderemo tempo a chiarire le decine di motivazioni che oggi possono spingere un immigrato in Italia a fuggire alla vista di una divisa.
Durante la fuga uno di questi, un senegalese di 54 anni, Nian Maguette, si accascia al suolo e muore dopo pochi minuti. Alcuni negozianti parlano di un malore, forse un infarto che ha colpito l’uomo durante la fuga. Altri testimoni, gli amici di Nian e alcuni passanti, invece raccontano della sua corsa, di come sia caduto e abbia sbattuto la testa. Altri, addirittura, accusano i vigili di averlo investito con una moto. I testimoni individuano una macchia di sangue sul marciapiede dove l’ambulante è morto: una traccia che poco si sposa con un infarto ma che potrebbe essere invece dovuta all’impatto nella caduta.
Resisi conto dell’accaduto, alcuni connazionali del senegalese che si trovavano sul posto, hanno improvvisato un blocco del traffico del Lungotevere per protesta. Il reparto celere della Polizia è intervenuto con manganelli e caschi in testa per reprimere immediatamente la “pericolosa” manifestazione. La Questura di Roma fa sapere che «le testimonianze raccolte dagli investigatori della Squadra mobile e del commissariato Trevi concordano sul fatto che l’uomo è stato visto accasciarsi al suolo mentre si trovava da solo. Pertanto, è da escludere che il decesso sia derivato da azione di terzi. La salma è stata comunque posta a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’esame autoptico». E sarà proprio l’autopsia che dovrà confermare come l’ambulante è morto.
Gli inseguimenti degli ambulanti da parte della Polizia Locale sono frequenti e tutti condotti dal nuovo reparto speciale dei vigili: quello della Sicurezza pubblica ed Emergenziale. Ma questa volta, dice il vicecomandante dei vigili Antonio di Maggio, «abbiamo imposto agli uomini del primo gruppo di non fare alcun inseguimento. È stata solo sequestrata la merce. La vittima è stata trovata accasciata in via Beatrice Cenci, a circa 100 metri dal luogo in cui abbiamo operato e in un secondo momento». «Agli atti – continua Di Maggio – nulla risulta, allo stato, di rapporto diretto» tra la retata e la morte di Nian. Il vicecomandante esprime il cordoglio per il senegalese deceduto: «La morte di una persona ci dà profondissimo dispiacere».
Nian Maguette viveva in Italia dal 1993. Aveva due figli e da anni abitava a Roma, nel quartiere Pigneto. Più volte, nel corso degli anni, era stato segnalato e arrestato dalle forze dell’ordine per detenzione di merce contraffatta: borse finte, non terrorismo. Sul sito del Comune di Roma, nella sezione dedicata alla Polizia Locale, si legge questa descrizione del Gruppo Sicurezza Pubblica ed Emergenziale: «L’Unità Organizzativa, il cui comando è assunto direttamente dal Vice Comandante dr. Lorenzo Botta, svolge le funzioni di coordinamento operativo delle azioni a tutela della sicurezza urbana, sociale ed emergenziale anche in collaborazione e a supporto di altre strutture capitoline. Gestisce gli interventi finalizzati all’applicazione delle Ordinanze Sindacali in materia di sicurezza e legalità, gli sgomberi di aree ed edifici pubblici. Coordina la repressione dell’abusivismo edilizio e ambientale in collaborazione con i Gruppi territoriali, i Municipi e il VI Dipartimento. Cura l’attuazione degli interventi relativi ai microinsediamenti abusivi, effettua il monitoraggio continuo dei villaggi nomadi autorizzati». Nian è morto per una questione di legalità, di decoro urbano. Non mi abbasso nemmeno a parlare di “sicurezza” perché, come in tanti altri casi, qui nessuno era in pericolo prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Sono anni che nella Capitale vige un clima poliziesco. Lo stato di diritto qui è stato cancellato in favore della favola della sicurezza pubblica e della fiera della forca. Ieri non solo un ambulante è morto, ma è morto un uomo che viveva nel nostro Paese da 25 anni. Non era un immigrato sbarcato ieri o appena scappato da uno dei campi di concentramento (CIE o CARA) sparsi sul nostro territorio. Viveva qui da molto più tempo di tanti elettori che potevano vedere in lui e nella sua merce una minaccia alla propria sicurezza o al decoro della nostra città. Ecco, “decoro” è una parola orrenda, perché legata ad una percezione personale più che ad una questione oggettiva. Il decoro di una città può essere valutato sulla base di quanti venditori ambulanti ci sono in giro? È meno decoroso un lenzuolo con delle borse sopra o una via del centro intasata dal caos dei clacson? Forse è il caso che i vigili tornino a fare il proprio mestiere: dirigere il traffico.
Twitter: @g_gezzi