Nuovo ricorso contro la legge 40

É da quando è nata, il 19 febbraio 2004, che la legge 40 sulla procreazione assistita è protagonista di dibattiti su dibattiti. Adesso, per la prima volta, giunge alla Corte Costituzionale. Motivo? La solita dibattuta specifica della suddetta legge, riguardante il divieto da parte delle coppie fertili di accedere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto. 

 

Per la prima volta perchè due anni fa, nell’agosto del 2012, fu la Corte Europea di Strasburgo a occuparsi della questione e condannò la legge 40 italiana per la violazione dei diritti dell’uomo, proprio a causa delle due specifiche. I protagonisti, a quel tempo, erano Rosetta Costa e Walter Pavan che, nel 2006, scoprirono di avere una figlia malata di fibrosi cistica e, dunque, di essere portatori sani della malattia. Questi avevano provato ad accedere alla fecondazione in vitro per poter effettuare uno screening embrionale, ma la legge 40 glielo vietò. A quel punto i due presentarono ricorso, nel 2010, alla Corte di Strasburgo la quale, due anni dopo, bocciò di fatto l’articolo 13 (che vieta qualsiasi sperimentazione su embrione umano) e il 4 (che sostiene che la pratica è consentita solo alle coppie sterili) della legge 40, dichiarandoli incostituzionali. Ai coniugi venne inoltre garantito un assegno, da parte dello Stato, di 15mila euro per danni morali e di 2.500 per spese legali. Ora, nel 2014, a occuparsene è il Tribunale di Roma, al quale si sono rivolti una donna portatrice di distrofia muscolare e suo marito. Anche questi si sono visti negare dal Centro per la tutela della Salute della donna e del bambino Sant’Anna sia l’accesso alla procreazione assistita sia la diagnosi preimpianto, sulla base del presupposto che il divieto non è stato cancellato dalla legge. Di fronte al ricorso fatto dalla coppia il Tribunale di Roma ha dichiarato l’inviolabilità del diritto di avere un figlio sano e di quello di autodeterminazione nelle scelte procreative. L’udienza di questo caso dovrebbe tornare in Tribunale il prossimo 8 aprile e, come afferma il legale della coppia Filomena Gallo, si confida nel buon senso dei giudici di Corte per chiudere finalmente il circolo della legge 40.
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Oltre a violare i diritti dell’uomo la legge riflette una grande incoerenza di fondo, segnalata anche questa dalla Corte Europea. Da un lato infatti il testo vieta alla coppia fertile ma portatrice di una malattia geneticamente trasmissibile di ricorrere alla diagnosi preimpianto e dall’altro, con la legge 194 sull’aborto, le permette l’aborto terapeutico nel caso il feto sia affetto dalla stessa patologia. Il prossimo 19 febbraio la dubbia 40 compierà dieci anni, in cui questa ha dovuto affrontare i tribunali per ben 28 volte; la condivisa speranza quindi è che a dieci si fermi.

 

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