L’isola di Kunta Kinte, simbolo dello schiavismo, rischia di sparire
Kunta Kinte non è soltanto il protagonista del romanzo “Radici” di Alex Haley e della miniserie televisiva omonima ad esso ispirato, ma è anche un’isola bellissima, un paese dell’Africa Occidentale e simbolo di secoli di schiavismo, Patrimonio dell’Umanità dal 2003 e che oggi, a causa del riscaldamento globale e dell’abbandono, rischia di sparire per sempre dalla carta geografica e ancora di più dai cuori dei suoi visitatori che hanno avuto la possibilità di conoscerla e, di conseguenza, di amarla.
Questo piccolo lembo di terra, un tempo conosciuto con il nome di “James Island” per mano dei britannici che la colonizzarono nel 1664, poi ribattezzato appunto Kunta Kinte, come il nome dell’eroe del romando di Haley, è minacciato gravemente da un serio problema di erosione che ha già divorato circa un sesto della sua estensione. Inoltre, l’afflusso di turisti nell’isola si è ridotto considerevolmente negli ultimi anni anche a causa della lunga crisi politica che ha colpito il paese. Perché allora non aiutiamo l’isola di Kunta Kinte, situata a 30 km dalla voce del fiume Gambia a sopravvivere?
L’ISOLA DI KUNTA KINTE: UNA GRANDE TESTIMONIANZA STORICA DELLO SCHIAVISMO
L’isola, “memorale di un’importante, seppur doloroso, periodo della storia dell’umanità”, era disabitata prima del 1651, quando vi giunsero i coloni. I primi ad insediarvisi furono i portoghesi; ad inizio ‘800 l’isola divenne la protagonista indiscussa del commercio illegale di merce umana, diventando il paese simbolo dello schiavismo. Qui decine di milioni di schiavi vennero incatenati, marchiati, vennero privati della loro stessa identità, per poi essere separati per sempre dai loro cari e imbarcati per il Nuovo Mondo. L’isola di Kunta Kinte, ad oggi, rischia di sparire per sempre e a fronte dei gravissimi problemi che il paese sta attraversando, un movimento intento a salvaguardarla sta facendo nell’ultimo periodo sempre più leva sul nuovo governo, capeggiato da Adama Barrow, il neopresidente. L’intento è quello di dare nuova vita all’isola ed ai siti limitrofi.
KUNTA KINTE: PERSONAGGIO STORICO O INVENTATO?
In un paese piccolo, povero e per la maggior parte rurale, un personaggio come Kunta Kinte viene visto come un eroe e come un modello da imitare. Tutto sul fiume Gambia, dalle imbarcazioni ai bar sui litorali, portano il suo nome. Ma chi era davvero questo personaggio? Sicuramente l’orgoglio dell’Africa, ma è un personaggio reale o fantastico? Secondo alcune carte, ritrovate dopo la morte di Haley, si tratta di un’invenzione letteraria, frutto della penna dello scrittore. Tutto questo fu reso noto con un articolo pubblicato nel 1993 da Philip Nobile sulla rivista The Village Voice con il titolo Uncovering roots e con cui lo scrittore fu condannato per plagio, accusato di aver copiato ben 81 pezzi dal romanzo di Harold Courlander The African. Ma nonostante tutto Haley riuscì a cavarsela in quanto protetto dai giudici, seppur con una multa altissima che comunque gli consentì di vendere milioni di copie in tutto il mondo di “Radici”.
KUNTA KINTE E L’OPERAZIONE MADAGASCAR
Durante il periodo del Nazismo l’isola divenne la culla, se così si può chiamare, dove tutti gli ebrei furono costretti ad emigrare. L’unico mezzo con cui il governo avrebbe potuto risollevare la bilancia dei pagamenti e diminuire il tasso di disoccupazione era quindi quello di eliminare il “surplus” della popolazione ( contadini, ebrei ed indigeni polacchi) e questo fu anche quello che iniziò a pensare il resto del popolo. Nessuna minaccia di forzata espulsione fu avanzata dal governo e nessun piano concretizzabile fu effettivamente ideato, semplicemente andava distratta la popolazione dai reali problemi da affrontare. Questo sfociò in una montatura che però fece guadagnare credito al Piano Madagascar che prevedeva la migrazione degli Ebrei e dei polacchi in Africa o qualche altra colonia, quando venne reso noto.
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