Turchia, continua la detenzione di Gabriele Del Grande
Nella Turchia che si allontana sempre di più dai valori democratici tutto può accadere, persino che un giornalista italiano venga trattenuto per giorni e giorni senza che sia dato saperne i motivi: Gabriele Del Grande è solo l’ultima vittima del giro di vite che ha colpito la stampa, e in generale le libertà personali, da quando la situazione nel paese è precipitata a causa del terrorismo e del fallito golpe. Le scuse ufficiali parlano di timbri e carte non in regola che ritarderebbero l’espulsione, ma ad essere nel mirino è il lavoro di Del Grande, blogger e giornalista. Non è di certo un segreto, infatti, che la stampa nella Turchia di Erdoğan non se la passi troppo bene già da diverso tempo. E con la vittoria, seppur risicata, al referendum che ha trasformato il paese in una Repubblica presidenziale le cose non sono certo destinate a migliorare. Del Grande, che da anni si occupa di emigrazione e di morti nel Mediterraneo, si trovava in Turchia per fare il suo lavoro: raccontare la fuga della popolazione siriana verso i confini turchi.
All’avvocato d’ufficio assegnato al caso è stato negato l’accesso al dossier, mentre il giornalista 36enne continua a restare in isolamento e in sciopero della fame. La vicenda di Gabriele Del Grande fa scricchiolare non solo i buoni rapporti che da sempre legano Roma ad Ankara, ma segnala una spaccatura ben più drammatica: quella della Turchia convintasi di poter fare a meno dell’Europa, che ne rigetta i valori chiudendosi nella commistione tra religione e politica e nella nostalgia per la grandezza dell’Impero Ottomano. L’Europa, da ben prima del referendum, ha perso un alleato prezioso e strategico. Un segnale importante è venuto proprio dal voto dei turchi immigrati nel vecchio continente, determinante per la vittoria del sì; un segnale che indica un drammatico fallimento nell’integrazione. Delusi dalle promesse di entrare a far parte dell’Unione Europea, questi hanno preferito dare fiducia alle ambizioni di Erdoğan di voler fare nuovamente della Turchia una grande potenza sulla scena internazionale.
Il tutto, s’intende, a scapito delle libertà private. Dopo il fallito golpe e l’entrata in vigore dello stato di emergenza, i controlli si sono irrigiditi; anche quelli sui cronisti stranieri. Del Grande non è l’unico giornalista ad essere stato arrestato a causa della sua professione: circa 200 reporter sono detenuti nelle carceri del paese. Un giro di vite inquietante per tutti, sebbene ai giornalisti di nazionalità turca vada peggio che agli altri: ridotti al silenzio per le loro idee e senza poter contare su alcun tipo di mobilitazione internazionale. E il futuro non si prospetta migliore. La (contestata) vittoria al referendum ha assegnato più ampi poteri al presidente, incluso poter sospendere o limitare diritti civili e libertà fondamentali in situazioni di emergenza. Già in passato Erdoğan aveva usato il pugno di ferro soprattutto contro i detestati social media; ora potrà continuare a farlo grazie al 51% degli elettori turchi.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_