5 punti per capire l’attacco americano in Siria
Con l’inversione di rotta dell’amministrazione Trump, culminata con un attacco americano in Siria nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, la situazione in Medio Oriente ha subito una rapida svolta. L’intervento ha immediatamente polarizzato l’attenzione, in quanto è stato il primo bombardamento statunitense contro il regime di Bashar Al-Assad, portando con sé molti dubbi e interrogativi: perché Trump, da sempre contrario all’intervento in prima linea, ha cambiato idea? Il conflitto siriano sfocerà nella terza guerra mondiale? Facciamo chiarezza in cinque punti.
I fatti
Il 7 aprile Donald Trump annuncia di aver ordinato il lancio di 59 missili contro la base aerea di Shayrat, in Siria. L’intervento si configura come una controffensiva al raid con armi chimiche che il 4 aprile scorso ha ucciso 74 persone, di cui 28 bambini, nei pressi di Idlib (Siria nord-occidentale). L’attacco, attribuito verosimilmente al regime di Assad, è stato il peggiore da anni. Il raid contro i civili è la spia di una situazione in cui il governo di Assad può ormai fare praticamente quello che vuole, senza dover temere conseguenze serie. L’attacco americano in Siria voluto da Trump in risposta all’ultimo orrore ha distrutto alcuni aerei militari siriani e ha ucciso sei persone. Il dipartimento della Difesa americano ha detto di avere avvisato in anticipo i russi, che hanno un contingente dentro la base, e secondo alcuni testimoni anche i siriani sapevano in anticipo del bombardamento.
Trump ha cambiato idea sulla Siria?
La posizione del presidente USA sulla Siria è sempre stata nettamente contraria ad un intervento americano. Perché, dunque, cambiare idea proprio adesso? Anche nel 2013, sotto la presidenza Obama, morirono più di 1400 civili siriani in un’altro, spaventoso, attacco chimico, senza che questo smuovesse l’opinione di Trump. La decisione sembra ancora più contraddittoria se si pensa che fino a poche settimane fa lo stesso Trump appariva convinto della necessità di collaborare con la Russia, sostenitrice di Bashar Al-Assad, e con quest’ultimo: rientrava tra le sue intenzioni migliorare i rapporti con entrambi, incrinatisi durante la presidenza Obama. Il perché di questo cambiamento così improvviso? Tra le ipotesi, c’è quella di voler riacquistare consenso interno in un momento molto difficile, con l’indice di gradimento ai minimi storici. La teoria di un’azione puramente “dimostrativa” è avvalorata dal successivo annuncio di non voler compiere altri attacchi e dal target scelto, strettamente militare. A proposito del raid, Trump aveva detto il 5 aprile che «quell’attacco contro i bambini ha avuto un grande impatto su di me», ma ad oggi, non ha spiegato perché stavolta la sua reazione è stata diversa da quella del bombardamento chimico del 2013.
Le tensioni con la Russia
Come era prevedibile, l’attacco americano in Siria ha avuto conseguenze negative sul rapporto Stati Uniti – Russia. Trump si è mosso in modo da non far troppo arrabbiare Mosca, avvisando i russi delle sue intenzioni. Una strategia che tiene in considerazione il ruolo cruciale di Putin nella regione: per giungere ad una soluzione sul caos in cui è sprofondata la Siria sarà necessario dare opportune rassicurazioni al governo di Mosca, che al momento vede in Assad l’unico garante dei propri interessi in Medio Oriente.
Il futuro di Assad
Il regime di Assad non è stato indebolito significativamente dalla decisione statunitense. La base aerea attaccata, seppur importante, non è l’unica del paese, ma soprattutto Assad non ne ha risentito in termini di leadership: nessuno infatti, gli ha chiesto apertamente di andarsene. È proprio su questo punto che si arenano i negoziati: con la Russia schierata con Assad da una parte e Turchia, Arabia Saudita ed Israele che invece lo osteggiano apertamente, nella mancanza pressoché totale di una coalizione che guidi proattivamente le trattative diplomatiche. Considerata l’escalation della tensione internazionale, sarebbe ora di muoversi in fretta.
I possibili scenari
Esiste veramente la possibilità che la guerra in Siria sfoci in un terzo conflitto mondiale? L’elevato numero di attori coinvolti fa pensare che il rischio ci sia. Dopo l’attacco americano in Siria, è stato emblematico in questo senso il commento della Corea del Nord: «Gli Usa sono responsabili di un imperdonabile atto di aggressione, questo dimostra un milione di volte in più quanto sia stata giusta la nostra scelta di sviluppare un sistema di armi nucleari». Allo stesso tempo, l’intervento statunitense mostra anche come ci siano degli spazi entro cui muoversi senza necessariamente innescare escalation militari. I rischi potrebbero provenire, piuttosto, da quei paesi poco inclini al negoziato, che al momento è l’unica soluzione possibile al caos siriano.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_